Al maestro sul letto di morte, gli allievi chiesero chi fosse stato il suo maestro.
«In realtà, non ne ho avuto alcuno!», rispose pacatamente. «Ma non significa che non sia stato un discepolo. Ho avuto l’intera esistenza come mio maestro. Non ho avuto nessun maestro perché ne ho avuto migliaia: le nuvole, le piante, ogni cosa mi ha fatto da specchio e da ogni cosa ho imparato come imparare. Questa è l’essenza dell’allievo sulla via Sufi.
Un maestro è come una piscina in cui si può imparare a nuotare. Una volta imparato, l’intero oceano è vostro.
Per questo vi dico che non ho avuto un solo maestro, ma migliaia, e ci vorrebbe molto tempo a ricordarli tutti. Ma ora me ne è rimasto ben poco. Così ve ne ricorderò solo uno.
Fu un ladro!». «Come!», esclamarono gli allievi. «Un ladro?». «Ebbene sì! Fu proprio un ladro!», disse il maestro. «Vi racconterò come l’ho incontrato e come m’impartì il proprio insegnamento. Un giorno di tanti anni fa, quand’ero ancora molto giovane, mi persi nel deserto. Dopo tanti giorni di cammino, durante la notte raggiunsi un villaggio. Era buio pesto. Tutto era chiuso. Per la strada non c’era nessuno. Ero sfinito. Mi sedetti per terra con le spalle appoggiate al muro di una casa. Mi accorsi così che accanto a me c’era un uomo che stava cercando di praticare un buco proprio nel muro al quale mi ero appoggiato. Quando gli chiesi dove potevo trovare riparo per la notte, mi rispose: “Certo, non è semplice a quest’ora. Ma se vuoi, puoi stare con me … se accetti la compagnia di un ladro!”. Quell’uomo aveva qualcosa di speciale. Aveva una bellezza particolare. Rimasi con lui per un mese! Ogni notte, prima di uscire, mi salutava dicendomi: “Ora vado al lavoro. Tu rimani pure. Prega anche per me”. Quando rincasava, abitualmente gli chiedevo come fosse andata e lui rispondeva sorridendo: “Questa notte non ho trovato alcunché. Ma domani riproverò, se Dio vorrà!”.
«Quell’uomo era speciale perché non era mai in uno stato di disperazione. Era sempre pieno di speranza e sempre felice. Così, quando durante il mio percorso di meditazione giungevo a dei punti morti e mi scoraggiavo, il mio pensiero andava sempre a quel ladro conosciuto tanti anni addietro. Il mio io cadeva in frantumi e potevo sentire tutta la mia stupidità, mentre il mio spirito si rinvigoriva ricordando le sue parole che diceva sorridendo tutte le notti al suo rientro: “Se Dio vuole, domani sarà un altro giorno”».
(Da: “Il dito e la luna”, Gianluca Magi)
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