Per dimostrare che certi concetti, analoghi agli insegnamenti buddisti sulla via di mezzo, non hanno limiti, nè confini, ecco la bella poesia di un poeta latino, Quinto Orazio Flacco (65-8 a.C.), che forse non conobbe mai la meditazione come metodo, ma di certo l’intuì in quanto stile di vita, ossia pratica di consapevolezza.
Meglio vivrai, Licinio, non spingendoti
sempre in alto mare e non avvicinandoti troppo,
mentre temi prudente le tempeste,
al lido infido.
Chi ama tenersi nell’aureo mezzo
evita sicuro lo squallore di un tetto
decrepito, evita sobrio una reggia
che suscita invidia.
Più spesso è scosso dal vento un grande
pino e crollano con maggiore rovina
le alte torri e i fulmini investono
le cime dei monti.
Nella sfortuna l’animo bene temprato
spera una sorte diversa e la teme
nella fortuna. Giove riporta
gli squallidi inverni.
e li allontana. Se triste è l’oggi
non sarà così anche il domani: l’arco
non sempre tende Apollo ma con la cetra
risveglia talvolta la poesia sopita.
Mostrati nella sorte avversa coraggioso
e forte; e pure riduci accorto le vele
quando troppo favorevole vento
le gonfia.
***
Rectius vives, Licini, neque altum
semper urgendo neque, dum procellas
cautus horrescis, nimium premendo
litus iniquom.
Auream quisquis mediocritatem
diligit, tutus caret obsoleti
sordibus tecti, caret invidenda
sobrius aula.
Saepius ventis agitatur ingens
pinus et celsae graviore casu
decidunt turres feriuntque summos
fulgura montis.
Sperat infestis, metuit secundis
alteram sortem bene praeparatum
pectus. Informis hiemes reducit
Iuppiter, idem
summovet. Non, si male nunc, et olim
sic erit: quondam cithara tacentem
suscitat Musam neque semper arcum
tendit Apollo.
Rebus angustis animosus atque
fortis appare; sapienter idem
contrahes uento nimium secundo
turgida vela.
(Odi, II, 10.)
Autore: Quinto Orazio Flacco (65-8 a.C.).
Note: Poeta del carpe diem e dell’aequus animus. Frequento’ scuole di grammatica e retorica di Roma e la scuola epicurea di Sirone a Napoli, in compagnia del Mecenate Virgilio.