Per le tradizioni culturali d’Occidente il termine e il concetto di vuoto rinviano sempre a significati negativi come testimoniano le locuzioni ‘vuoto mentale’, ‘paura del vuoto’, ’un’esistenza vuota’, etc. Al contrario, nella maggioranza delle tradizioni culturali d’Oriente, l’idea di vuoto è sinonimo di infinita ricchezza di possibilità, di massima apertura e libertà. Questa idea, formulata soprattutto dal taoismo in Cina, e dal buddhismo in India, ha avuto fondamentali sviluppi in Giappone, specialmente grazie all’influsso che il buddhismo della Scuola Zen ha esercitato nelle arti.
In particolare, la presenza e la potenza del vuoto vengono esaltate nella pittura ad inchiostro (sumi e), dove lo spazio lasciato bianco è preponderante rispetto agli spazi occupati da segni e figure; oppure nell’architettura, dove l’arredamento è ridotto al minimo e dove gli spazi interni si aprono, senza soluzione di continuità, a quelli esterni; oppure nei giardini ‘secchi’ (karesansui) come quello, famosissimo, di Ryoanji dove un ampio sfondo di ghiaia bianca accoglie solo alcune pietre accuratamente disposte.
Non è tuttavia da pensare che questa valorizzazione del vuoto nelle arti tradizionali giapponesi dipenda soltanto da una propensione estetica o da una scelta stilistica: essa rinvia sempre e comunque a quell’idea di fondo – espressa e coltivata dal buddhismo, dal taoismo e dalla loro congiunzione nel buddhismo zen – che indica nella liberazione della mente (mushin) uno dei fattori fondamentali nel processo di realizzazione spirituale.
– Il vuoto nella cultura orientale – 1
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– Fonte