Quando ci mettiamo a indagare su chi sia consapevole possiamo anche sentirci confusi, all’inizio, come un pesce che cerca l’acqua. Scopriamo che non c’è nulla di solido, nessuno che sta percependo. È una scoperta meravigliosa. La presenza mentale non ha né forma né colore; è al di là di « presenza » o « assenza », « venire » o « andare »: al loro posto c’è soltanto uno spazio limpido di conoscenza, di coscienza, che è vuoto e allo stesso tempo dotato di cognizione. Mentre reggi fra le mani questo libro la tua coscienza legge le parole e riflette sulla natura della coscienza stessa; voltati e chiediti chi è che sta leggendo. La prima risposta che ti verrà, forse, è: « Non riesco a sentire niente, qui, è soltanto vuoto ». Sta’ con questa presa d’atto, questa vuota apertura; impara a fidarti di lei. È la coscienza senza limitazioni, che riflette tutto ciò che appare alla sua percezione senza lasciarsene influenzare.
Se eserciti questa indagine con regolarità, poco a poco potrai sviluppare la capacità di distinguere, fra gli avvenimenti e le esperienze della vita, la coscienza che ne fa conoscenza. Impari a dimorare in pace nel « conoscere », non disturbato; impari a metterti comodo in mezzo a tutte le situazioni, anche in quelle difficili o confuse.
Questo fermarsi in pace, questo assestarsi, è ben diverso da quella sorta di distacco patologico che avevo imparato da bambino. Mosso dalla paura, mi ero separato dall’esperienza che vivevo, proteggendomi con la sottile distanza che il mio ruolo di testimone mi garantiva. Quando davvero dimoriamo in pace nella presenza mentale, la nostra esperienza è spaziosa e intima, senza difese. Insieme a essa nasce la compassione; sentiamo il nostro cuore connettersi spontaneamente con la vita.
Una meditante, Maria, che lavora come infermiera nel Pronto soccorso di un ospedale di zona descrive come ha imparato a usare l’arte di dimorare in pace nella presenza mentale: «A volte non c’è troppo da fare e posso lavorare in automatico, effettuando i controlli su un paziente o sbrigando le pratiche mentre la mente se ne va a pensare un milione di altre cose. Poi magari ci arriva una folla intera di pazienti – incidenti, attacchi di cuore, crisi d’asma. Io faccio la mia parte, ma sono sintonizzata anche sull’insieme di quel che succede. Ho imparato ad aprire la presenza mentale: è come se la mia mente diventasse spaziosa e calma, presente, sensibile alle necessità eppure in un certo senso distaccata, allo stesso tempo. Sospetto che sia come lo ‘stato di flusso’ di cui parlano gli atleti: io sono presente nella situazione, faccio quel che va fatto, eppure una qualche parte di me si limita a osservare tutto quanto, in silenzio. »
« Mi capita di più, in questi giorni, non solo al lavoro; quando pratico la meditazione, la cosa si fa più forte. Ho avuto un gran litigio con mio figlio, e mentre succedeva sentivo che mi irrigidivo fisicamente sempre di più, tanto ero sicura di avere ragione; mi è bastato percepire quella rigidità per rilassarmi e spostarmi nello spazio della presenza mentale, ed ecco che le cose si sono aperte. Gli stavo dicendo di no, ma riuscivo a sentire tutto l’amore che c’era sotto quel ‘no’, che quelli erano semplicemente i nostri ruoli rispettivi da recitare per bene, e che dietro c’era tanto spazio, che andava tutto bene. »
Quando impariamo a dimorare in pace nella presenza mentale, in noi c’è cura e insieme silenzio. C’è la percezione della cosa da fare nell’immediato e la consapevolezza di tutto ciò che accade, c’è un grande spazio e c’è una sensazione di connessione e d’amore. Quando c’è spazio a sufficienza, tutto il nostro essere riesce a prendere conoscenza della situazione e insieme a stare a proprio agio. Vediamo la danza della vita; danziamo con grazia eppure non ce ne lasciamo intrappolare. In ogni situazione possiamo aprirci, rilassarci e tornare alla natura « simile al cielo » della coscienza.
[ Da: Jack Kornfield, il Cuore Saggio ]
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– https://en.wikipedia.org/wiki/Jack_Kornfield