«Con ‘abili mezzi’ ci si riferisce ai metodi e alle pratiche specifiche utilizzate per aiutare l’individuo a liberarsi dalle catene dell’ignoranza. Tutte le pratiche utili e realmente proficue possono essere impiegate come abili mezzi. Ciascuno di noi può servirsi, in momenti diversi, di tradizioni, costruzioni filosofiche e metodi differenti, a seconda del temperamento, del retroterra culturale o delle capacità. Ad alcuni il linguaggio del vuoto può sembrare arido come il deserto, ad altri può rivelare l’essenza stessa della liberazione. Certuni riconosceranno in breve tempo la natura della consapevolezza in quanto tale, altri invece metteranno in primo piano il lasciar andare gli stati mentali che la offuscano. Per alcuni sarà il sentiero della devozione a svuotare davvero il sé, mentre per altri potrebbe essere solo una via che agisce da velo di autoillusione. Per trovare l’abile sentiero che fa per noi abbiamo bisogno di una grande onestà di introspezione e della saggia guida dei maestri.»
Il Dalai Lama pronunciò parole di questo tenore durante un convegno cristiano-buddhista tenutosi nel 1996 nell’abbazia di Getsemani, dove per molti anni è vissuto e ha scritto Thomas Merton. Monaci e praticanti buddhisti di molte tradizioni differenti (tibetana, birmana, cambogiana, srilankese, cinese, thailandese e americana) avevano espresso, insieme a monaci, suore e laici cristiani appartenenti a numerosi ordini, un’ampia gamma di visioni sul sé e l’anima, sulla meditazione e la preghiera. Quando il Dalai Lama parlò delle proprie convinzioni nel corso del convegno, disse spesso: “Questo è appropriato per me. Le sue convinzioni sono probabilmente appropriate per lei”.
Se riteniamo che le nostre opinioni metafisiche (la metafisica è quella branca della filosofia che esamina la natura della realtà) siano enunciazioni della verità, il conflitto è inevitabile, come hanno dimostrato le guerre religiose e ideologiche che si sono combattute nel corso della storia. E pure nelle più garbate dispute filosofiche del buddhismo, l’adesione a una particolare visione ha creato aspre divisioni dogmatiche. Le idee ‘giusto’ e ‘sbagliato’ sono immediatamente seguite dalla contrapposizione ‘noi’ e ‘loro’. L’attaccamento alle proprie convinzioni diventa l’argomento principale e fuorviante della fede. Se invece pensiamo che tutte le metafisiche siano abili mezzi, strumenti per evocare nuovi percorsi della percezione, metodi per lasciar andare la sofferenza, allora è più facile aprirsi alla visione altrui. In questo modo diventa realmente possibile imparare gli uni dagli altri.
(Da: Un solo dharma. Il crogiolo del nuovo buddhismo – Joseph Goldstein)
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