Uno studente mi ha chiesto: “Non parli mai dell’illuminazione, potresti dirne qualcosa?”. Il problema è che le parole danno solo un’immagine dell”illuminazione’, dove quest’ultima è appunto la frantumazione di tutte le rappresentazioni. Chi vuole davvero farsi frantumare?
Cosa vuol dire infrangere il modo abituale di considerare la vita? Normalmente io mi considero al centro della vita, sono io che ricevo le varie impressioni, sperimento la mia vita non la vostra. Ne deriva la convinzione sempre più ferma che la mia vita abbia un centro coincidente con l”io’, poiché chi fa esperienza della vita è l’io. ‘Io’ vedo, `io’ odo, ‘io’ sento, ‘io’ penso, ‘io’ ho opinioni. Difficilmente ne mettiamo in dubbio l’esistenza. Lo stato illuminato significa assenza di ‘io’: c’è semplicemente il vivere, la pulsazione di un’energia eterna la cui natura comprende o, meglio, è tutto.
La pratica serve a vedere i motivi che ci impediscono di comprendere la nostra vera natura, che si riducono in fondo all’identificazione restrittiva al corpo-mente, all”io’. Per realizzare il naturale stato di illuminazione, dobbiamo vedere questo abbaglio e infrangerlo. La pratica muove deliberatamente in direzione contraria all’abituale incentramento sull’io.
Quindi, primo stadio della pratica è vedere che la mia vita è completamente incentrata su me stesso: “Io ho davvero queste opinioni egocentriche, io ho davvero questi pensieri egocentrici, io ho davvero queste emozioni egocentriche… io, io, io dal mattino alla sera”. Questa consapevolezza è di per sé un grande passo.
Passo successivo (che, con il primo, può richiedere anni) è osservare come ci rapportiamo ai pensieri, alle fantasie e alle emozioni egocentriche: ci aggrappiamo a essi, li coccoliamo e, senza, ci sentiremmo perduti. “Senza di lui sarei perduto, se non va come voglio non ce la faccio”. Pretendendo che la vita sia in un certo modo, la sofferenza è inevitabile: la vita è sempre così com’è, e certo non sempre bella, non sempre piacevole. La vita non è come vogliamo noi, è come è. Ma questo non deve impedire la nostra gioia, il nostro apprezzamento, la nostra gratitudine.
(Da: Charlotte Joko Beck – Zen quotidiano)
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