“La vigilanza è essenziale. Il problema è che questa parola viene spesso intesa erroneamente e confusa con una disciplina rigida e costrittiva. La vigilanza è disciplina, ma è la disciplina della resa. […]
Se ricorri allo sforzo per mantenere la vigilanza, prima o poi sorge stanchezza. Se invece rilassi la mente, il tuo flusso mentale individuale è già allineato naturalmente con l’oceano di pura consapevolezza. Allora vigilanza, attenzione, resa e disciplina avvengono senza sforzo.
Rimanere immobili rivela la consapevolezza priva di identificazioni […]. Se appare l’impulso allo sforzo, ed è possibile perché lo sforzo è una tendenza molto forte, riconosci che lo sforzo implica che tu non sei consapevolezza. Controlla: la pura consapevolezza se n’è andata? […]
Lo sforzo nasce dal fraintendimento che vigilanza significa raggiungere uno stato particolare. Abbandona tutti i tentativi di raggiungere qualcosa. Non fare della vigilanza un esercizio. Sii vigile lasciando andare ogni sforzo di definirti in base a qualunque stato mentale o emotivo.
Per essere non occorre nessuno sforzo. Se hai fiducia nell’essere e indaghi l’essere in quanto essere, esiste forse una qualche attività che sia separata da te?
La vigilanza è attenzione. L’attenzione deriva il suo stare attenta dalla pura consapevolezza, ciò che tu sei. Tutte le definizioni di te stesso ti costringono a fissarti sulle onde mentre aspiri alla profondità”.
– Da: Tu sei quello – Gangaji (allieva del maestro advaita Poonja)
– Gangaji – Macrolibrarsi
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– Fonte