Quando vedi e comprendi i meccanismi della sofferenza in te stesso, acquisisci una profonda compassione per la sofferenza degli altri, nel vero senso della parola compassione (dal latino cum patior; letteralmente, “Io soffro con”). Quando vedo il dolore come mio, sono perso nella mia bolla personale di sofferenza e mi seno scollegato dalla vita, bloccato e solo nella mia disperazione.
Ma oltre la storia personale della mia sofferenza, scopro che il dolore non è veramente il mio dolore. È il dolore del mondo. È il dolore dell’umanità. Quando perdo mio padre, il lutto che provo non è il mio lutto, ma il lutto di ogni figlio. Sono in lutto per, e con, ogni figlio che abbia mai perso il padre. Quando il compagno ci lascia, diventiamo chiunque abbia mai perso qualcuno che ama. Nei recessi più intimi dell’esperienza presente, scopro che sono io l’universo che sto cercando così strenuamente di salvare; scopro che sono io la compassione che provo così intensamente a mettere in atto nel mondo. Scopro che sono io gli altri con cui desidero ardentemente un contatto. Nelle profondità del personale, nel mezzo dell’esperienza più intensamente dolorosa e più intimamente personale, scopro l’impersonale verità dell’esistenza, e lì, sono libero. Molti insegnamenti spirituali parlano di evadere dal personale e per raggiungere un qualche futuro stato impersonale, ma il personale e l’impersonale sono intimamente uno e non possono essere divisi in questo modo. La separazione è la radice di ogni sofferenza e conflitto.
– Jeff Foster, “Il risveglio spirituale nella vita quotidiana“ (amazon)
– Jeff Foster (macrolibrarsi)
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