Quando viene tradotto letteralmente dalla parola pali e sanscrita karuna, ‘compassione’ significa provare un fremito o un brivido del cuore in risposta al dolore di un essere.
Lo stato di compassione come fremito del cuore sorge con l’equanimità. Potete immaginare uno stato mentale nel quale non ci sia un amaro e biasimevole giudizio di noi stessi e degli altri? Questa mente non comprende il mondo in termini di buono e cattivo, giusto e sbagliato, bene e male, essa vede solo “la sofferenza e la fine della sofferenza”. Cosa accadrebbe se guardassimo noi stessi e tutte le diverse cose che vediamo e non ne giudicassimo neanche una? Ci accorgeremmo che alcune cose portano dolore e altre portano felicità, ma non ci sarebbero condanna, colpa, peccato o paura. Quanto sarebbe meraviglioso vedere noi stessi, gli altri e il mondo in questo modo! Quando vediamo solo la sofferenza e la fine della sofferenza, allora sentiamo la compassione, allora possiamo agire in modi energici e forti, ma senza gli effetti corrosivi dell’avversione.
La compassione può condurre a un’azione molto energica, ma priva di rabbia o avversione. Quando vediamo un bambino picco lo avvicinarsi a un fornello rovente, entriamo subito in azione! La reazione nasce dalla compassione che proviamo: ci muoviamo per allontanare il bambino dal dolore e dal pericolo, non rifiutiamo o condanniamo il bambino.
Provare compassione significa desiderare che un essere o tutti gli esseri siano liberi dal dolore; significa percepire da dentro come dev’essere l’esperienza di qualcun altro.
Per vedere la vita in modo compassionevole dobbiamo osservare gli eventi e le condizioni che li hanno determinati. Invece di guardare solo l’ultimo momento, o il risultato finale, abbiamo bisogno di vedere tutte le parti che li costituiscono; l’insegnamento del Buddha può essere sintetizzato nella comprensione che tutte le cose nell’universo condizionato sorgono per una causa. Avete mai avuto l’esperienza di sentirvi sdegnati verso qualcuno e poi comprendere profondamente le cause del suo comportamento? All’improvviso riuscite a vedere le condizioni che hanno dato origine a quella situazione, e non soltanto il risultato finale.
Una volta conobbi due persone che avevano subito dei maltrattamenti durante l’infanzia. Una delle due, una donna, era diventata molto timorosa, mentre l’altra, un uomo, era diventata davvero collerica. La donna, che doveva lavorare a stretto contatto di gomito con quell’uomo, provava un’intensa antipatia nei suoi confronti e cercava di farlo licenziare. A un certo punto, però, ebbe un sentore di come era stato il suo passato e riconobbe come entrambi avessero sofferto nello stesso modo: “È un fratello!” esclamò.
Questo tipo di comprensione non significa che rimuoviamo o condoniamo il comportamento negativo di una persona, ma che possiamo osservare tutti gli elementi che concorrono a formare la sua vita e che possiamo riconoscere la loro natura condizionata. Osservare il sorgere interdipendente di queste forze impersonali che formano il nostro ‘io’ può darci l’apertura necessaria per il perdono e la compassione.
[ Da: Sharon Salzberg, L’arte rivoluzionaria della gioia ]
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