Anche lasciare andare le vacche può essere una meditazione. Leggete l’articolo sino in fondo e, forse, ne scoprirete il motivo. Purché, naturalmente, riusciate a separarvi persino dal medesimo.
Un giorno il Buddha sedeva nel bosco con trenta o quaranta monaci. Avevano fatto un ottimo pranzo e stavano in buona compagnia l’uno dell’altro, sopraggiunse un contadino molto triste, che chiese al Buddha e ai monaci se avessero visto passare le sue vacche. Il Buddha rispose di no.
Allora il contadino disse: «Monaci, sono così depresso. Avevo dodici vacche e non riesco a capire perché siano fuggite. Avevo anche una piantagione di sesamo di alcuni acri, ma gli insetti l’hanno divorata tutta. Sono tanto infelice che vorrei morire».
Il Buddha rispose: «Amico mio, non abbiamo visto nessuna vacca passare di qui. Forse devi cercarle nell’altra direzione». Il contadino ringraziò e scappò via, mentre il Buddha si rivolgeva ai monaci: «Amici miei, siete le persone più felici del mondo, perché non avete vacche da perdere. Se aveste vacche da allevare sareste indaffaratissimi. Perciò per essere felici, dovete imparare l’arte di lasciar andare le vacche. Lasciatele andare a una a una.
All’inizio credevate che queste vacche fossero necessarie per essere felici, ma adesso vi rendete conto che non sono affatto essenziali per la vostra felicità, ma che, al contrario, costituiscono un ostacolo. Perciò vi siete decisi a lasciarle andare».
(Tratto e condensato dal Majjhimanikaya – perle.risveglio.net)
Nota: Le vacche di cui parla il Buddha Gautama Siddharta potrebbero essere i pensieri molesti che, come ospiti indesiderati, forse meglio nuvole, oscurano il cielo interiore della propria felicità.
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