È una rara e bella qualità sentirsi veramente felici quando gli altri sono felici. Quando qualcuno gioisce per la nostra felicità siamo pieni di riguardo e gratitudine per il suo apprezzamento. Quando proviamo piacere per la felicità di un altro, quando siamo sinceramente felici per la sua prosperità, successo o buona fortuna, piuttosto che provare invidia in qualche modo, prendiamo dimora nella mudita, la gioia compartecipe, il terzo dei quattro brahmavihara o stati di coscienza illimitati.
La radice della parola pali mudita significa essere lieti, avere un senso di contentezza. Il Buddha chiamò mudita “la liberazione mentale della gioia”, poiché questa forza della felicità ci libera realmente. A differenza di uno stato di semplice eccitazione o spensieratezza, la gioia compartecipe per sua caratteristica essenziale sfida le nostre idee più radicate circa la solitudine, la perdita e la felicità, e ci mostra un’altra possibilità. Essa sconfigge molti di quegli stati mentali che così tanto ci limitano.
La maggior parte della nostra infelicità come esseri viventi proviene dall’effetto vincolante dell’atteggiamento negativo che abbiamo l’uno verso l’altro. Limitiamo noi stessi e gli altri, ci giudichiamo a vicenda, ci confrontiamo l’un l’altro, ci denigriamo e invidiamo reciprocamente e soffriamo in prima persona gli effetti soffocanti di tali limitazioni. Poiché esistono tanti stati mentali vincolanti che la impediscono, la gioia compartecipe è considerata il brahmavihara più difficile da sviluppare, ma è così potente che esprimerla può sconfiggere l’avversione e l’attaccamento.
Le scritture buddhiste narrano una stupenda parabola a proposito di una trappola per scimmie: per realizzarla si sparge per terra della pece; una scimmia arriva e cammina sulla pece appiccicosa. Dapprima le rimane incollato un piede, cercando di liberarsi poggia l’altro piede, quindi una mano e poi l’altra. Alla fine, nel disperato sforzo di fare leva e liberarsi, la scimmia poggia la testa. A quel punto è davvero nei guai!
È proprio così che gli stati tormentosi della mente come il giudizio, il confronto, la discriminazione, la denigrazione e l’invidia colludono nel farci incollare, nel mantenerci attaccati e nel renderci infelici. Quando la scimmia ha soltanto un piede nella pece, se invece di poggiare l’altro piede e poi le mani cercasse di raggiungere e afferrare un albero e tirarsi via, potrebbe liberarsi. La mudita può offrirci appunto l’opportunità di districarci dalla vischiosità e liberarci dalle trappole di pece della nostra vita per essere felici.
– Sharon Salzberg (macrolibrarsi)
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