Vissuto nel Tibet verso la fine dell’XI secolo, il poeta ha espresso nei suoi versi il senso della tradizione spirituale indiana, particolarmente buddhista. Ecco alcune strofe con cui invita ad abbandonare qualsiasi forma di vanità – e soprattutto evitare gli attaccamenti estremi e quindi perseguire l’unità – per raggiungere il nirvana, ossia lo stato meditativo.
“Nella Città dell’Inganno dei Sei Piani del Mondo
Il fattore principale
È il peccato e la tenebra
Prodotti dalle cattive azioni
Qui l’essere segue i dettami
della simpatia e dell’antipatia
E non trova mai tempo per conoscere l’Eguaglianza:
Evita, figliolo, le simpatie e le antipatie.
Se comprendi la Vanità di Tutte le Cose,
La Compassione nascerà nel tuo cuore;
Se non farai alcuna distinzione
Fra te stesso e gli altri,
Sarai adatto a servire gli altri;
E quando nel servire gli altri avrai successo,
Allora Mi incontrerai;
Ed incontrando me,
Raggiungerai la condizione del Buddha”.
Commento: si tratta soprattutto di un richiamo a percorrere (metaforicamente), la “Via di Mezzo” e, di converso, a mettere in pratica l’equanimità, l’obiettività, l’imparzialità; quelli di Milarepa non sono pedissequi suggerimenti di natura morale, ma l’esperienza zampillata dopo la meditazione.
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– Maestri dal mondo – Macrolibrarsi
– https://it.wikipedia.org/wiki/Milarepa
– Fonte