“Il buddhismo […] incarna l’eredità di una maniera oggettiva e ardita nel porre problemi […]. Il buddhismo è la sola religione veramente positivistica che ci mostri la storia […], esso non dice più «lotta contro il peccato», bensì, dando completamente ragione alla realtà, «lotta contro il dolore». […] Esso ha già dietro di sé l’autoimpostura dei concetti morali – esso sta, parlando nella mia lingua al di là del bene e del male. […]
Depressione: contro di essa Buddha […] mette in pratica la vita all’aperto, la vita errante; la moderazione e la scelta nei cibi; la cautela verso tutti gli alcolici; e similmente la cautela verso gli affetti che producono la bile e infiammano il sangue; nessuna preoccupazione né per sé, né per gli altri. Egli esige rappresentazioni che diano quiete oppure rasserenino – escogita mezzi per disabituarsi dalle altre. Concepisce la bontà, l’essere buoni, come un incremento positivo per la salute. La preghiera è esclusa, così come l’ascesi; nessun imperativo categorico, nessuna costrizione in genere […] Egli non richiede alcuna lotta contro coloro che pensano diversamente; ciò da cui maggiormente si difende la sua dottrina, è il sentimento della vendetta, dell’avversione, del ressentiment («l’inimicizia non ha termine coll’inimicizia»; è questo il toccante ritornello dell’intero buddhismo…). […] Un clima molto mite, una grande pacatezza e liberalità di costumi, nessun militarismo sono i presupposti del buddhismo […]. Si vuole come meta suprema la serenità, la quiete, l’assenza di desideri, e si raggiunge questa meta”.
(Friedrich Nietzsche)
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– Buddha e Buddismo (macrolibrarsi)
– Fonte