Tutte le realtà percepite sono precedute dalla mente, fanno capo alla mente, sono prodotte dalla mente. Se qualcuno parla o agisce con mente guasta, la sofferenza lo segue, come la ruota [del carro] tiene il passo del traino.
Tutte le realtà percepite sono precedute dalla mente, fanno capo alla mente, sono prodotte dalla mente. Se qualcuno parla o agisce con mente pura, la felicità lo segue, come un’ombra che mai non si distacca.
(Dhammapada, 1- 2)
Oggi, grazie alla rivoluzione apportata dalla Fisica del ‘900, cioè dalla Meccanica Quantistica, ci stiamo abituando all’idea che la realtà – se esiste perché c’è chi dubita anche di questo e la ritiene un semplice prodotto della nostra coscienza -, è fuori dalle nostre possibilità conoscitive (principio di Indeterminazione di Heisenberg) e che una parte di essa (quantitativamente pressoché irrilevante) è trasformata a opera nostra nella percezione del nostro mondo, che della realtà effettiva, quella ignota, costituisce una riduzione e una interpretazione. Quindi, non solo per il Buddha, ma anche per la Meccanica Quantistica, percezione ed esistenza, come noi la intendiamo, coincidono, per cui non ci sono una res cogitans e una res extensa, ma una realtà ignota e una realtà percepita. Una precisazione cruciale: quando si dice percezione si pensa solo ai cinque sensi, invece è percezione anche quello che avviene nell’interiorità psicologica dell’uomo, a opera di quello che il Buddhadharma chiama senso interno.
(Romano Campagnoli)
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