Cari amici, vi invio le seguenti note sperando che potranno esservi utili o, quanto meno, contribuire a soddisfare la vostra curiosità.
Riporto alcuni appunti che riguardano la concezione del nirvana. Per gli antichi buddisti si trattava innanzitutto di una cessazione delle sofferenze. Ecco una serie di parabole riassunte dal libro “Le domande di re Milinda”, in cui Nagasena vuole spiegare al principe greco Menandro la natura del nirvana.
Il nirvana così pieno di pace, di felicità, così poco appariscente, esiste, o mio principe. Colui che dà un ordine corretto alla propria vita, colui che comprende la natura delle costruzioni mentali (samskara) secondo gli insegnamenti di Buddha, riesce a concretarlo per mezzo della propria saggezza allo stesso modo d’un apprendista che, seguendo le istruzioni del proprio padrone, diventa anche lui maestro nella propria arte.
E se chiedi: «Come si può conoscere il nirvana?», rispondo: «Liberandoci dalle debolezze e dal pericolo, per mezzo della pace, della serenità, della felicità e della purezza».
Allo stesso modo, principe, d’un uomo caduto in una fornace ardente e piena di ceppi che, se riuscisse a rialzarsi con un energico sforzo e trovasse scampo,in un luogo fresco, proverebbe un supremo benessere, così accade a chi sa dare un ordine corretto alla propria esistenza. Costui, con la sua attenta riflessione, realizza la suprema felicità del nirvana, che spegne il calore bruciante di un triplice fuoco (sensualità-bramosia, odio-perfidia, errore-ignoranza). Bisogna considerare questo triplice fuoco come una fornace accesa: allo stesso modo dell’uomo che vi stava bruciando ed è riuscito a scamparla, colui che dà un corretto ordine alla propria esistenza trova rifugio in un luogo fresco, il nirvana.
E ancora come un uomo caduto in una fossa piena di cadaveri e di cose immonde. Se riesce a uscirne e a raggiungere un luogo ove non vi siano cadaveri, proverebbe una sublime felicità, la stessa cosa accadrebbe a chiunque riesca a ordinare correttamente la propria vita. Costui per mezzo della sua attenta riflessione conquisterà la suprema felicità del nirvana, in cui sono eliminati i cadaveri di qualsiasi cattiva propensione.
E ancora allo stesso modo d’un uomo caduto nelle mani dei nemici, tremante di terrore, con l’animo sconvolto che con energico sforzo riesce a sfuggire loro e trova rifugio in un luogo in cui la sua sicurezza è del tutto certa e quindi prova una felicità suprema, così accade a chiunque riesca a dare alla propria vita un ordine corretto. Costui, attraverso attenta riflessione, realizzerà la felicità su prema del nirvana da cui sono esclusi paura e terrore.
Simile al terrore, o mio principe, bisogna considerare questa ansietà che si rinnova continuamente come conseguenza della nascita, della decrepitezza, della malattia e della morte; invece bisogna considerare come luogo di salvezza il nirvana.
E ancora allo stesso modo che un uomo caduto in un luogo pieno di immondizie, di melma e di fango, se con violento sforzo riesce a liberarsi del limo e trova rifugio in luogo pulito, prova una felicità suprema, così chiunque ordini correttamente la propria vita, per mezzo della sua attenta riflessione conquista la suprema felicità del nirvana, dove non c’è posto per il fango e le immondizie di cattive propensioni. O principe, come fango bisogna considerare i profitti illeciti, gli onori, le cortigianerie e come luogo pulito il nirvana.
E se ancora ci si chiede: «Come può raggiungere il nirvana colui che dà un ordine corretto alla propria esistenza?», io risponderò: «Costui, o principe, è nel vero per ciò che concerne lo sviluppo delle costruzioni mentali (samskara) e in questo sviluppo riconosce la nascita, la decrepitezza, la malattia, la morte, ma non vi riconosce né la felicità né la serenità; non vi riconosce alcunché che sia suscettibile di produrre un duraturo benessere, nulla che meriti di attaccarvisi.
E la scontentezza nasce nell’animo suo quando non trova niente di cui poter essere certo, niente che possa assicurargli un piacere durevole. Viene assalito da febbre e, senza rifugio, senza protezione, senza speranza, egli si dispera a causa di questi reiterati inizi di vita (il continuo circolo chiuso di morti e di rinascite).
E nell’animo di colui che in questo modo si rende conto della non-sicurezza dell’esistenza, che ricomincia di continuo, nasce questo pensiero: «Ogni cosa brucia tra le fiamme in un inizio che non ha mai termine.
Quest’immagine della fiamma è di uso frequente nelle scritture buddistiche: «Tutto è fiamma, o discepoli … Con quale fuoco ciò s’è acceso … Vi dichiaro che è stato col fuoco della sete (desiderio), col fuoco dell’odio e col fuoco dell’ignoranza» (Mahavagga).
Ogni cosa è piena di sofferenza e di disperazione. Se si potesse», pensa, «raggiungere uno stato in cui non ci fosse più “divenire”, questo comporterebbe serenità, dolcezza, la cessazione delle “preparazioni”, la liberazione dalle basi essenziali alla vita (upadhis), la fine della bramosia, l’assenza della passione, la pace suprema, il nirvana». E allora si slancia spiritualmente verso questo stato in cui non esiste più “divenire” e trova allora la pace, trionfa e si rallegra a questo pensiero: «Finalmente ho trovato un rifugio!».
Allo stesso modo di un uomo che si sia avventurato in terra straniera e abbia smarrito la strada, quando viene a conoscenza d’un sentiero nella giungla che può riportarlo alla sua dimora, si slancia a percorrere questo sentiero, esultante nell’animo e rallegrandosi a questo pensiero: « Finalmente ho trovato la strada giusta!»; a questo stesso modo colui che ha avuto esperienza dell’insicurezza dell’esistenza […]: «Finalmente ho trovato un rifugio!». E prosegue con determinazione lungo questo sentiero, allo scopo di insistere nel suo sforzo, allo scopo di rimanere costantemente nel sentimento d’amore verso tutti gli esseri di tutti i mondi e così continua sempre a operare sino al momento in cui, oltrepassando la non-permanenza, egli raggiunge la Realtà! E quando l’ha raggiunta, o mio principe, l’uomo che ha dato giusto ordine alla propria vita comprende il nirvana e se lo trova di fronte».
Conclusione
Da quanto precede si può dedurre che Nagasena considerava il nirvana come la cessazione dei mali relativi all’esistenza, all’alternanza eterna delle origini interdipendenti e che questa cessazione aveva luogo non per effetto d’un passaggio in un mondo diverso, ma perché era stato prodotto, con la pratica della virtù e la vigile attenzione, un particolare stato spirituale.