«La parola “buddhismo” viene associata a una grande varietà di pratiche religiose. Tutte quante hanno la loro origine nel Buddha storico, Gotama Siddharta detto Sakyamuni, che visse e insegnò nell’India del Nord più di 2500 anni fa. Molti si avvicinano al Buddhismo perché la meditazione, quale strumento di pace interiore, è compatibile con qualsiasi altra convinzione religiosa. La meditazione è il cuore della pratica buddhista. In questo libro – da cui riportiamo le citazioni che seguono – sono presenti in modo chiaro e profondo le assunzioni dottrinali e gli insegnamenti fondamentali del Buddha.»
Versi ispirati dagli antichi insegnamenti sul non dimorare
Questi versi fanno parte dell’antico insegnamento del buddhismo Theravada, secondo il quale dobbiamo lasciar andare l’io, il tempo e lo spazio; abbandonandoli, tutte le domande trovano risposta e così avviene la fine di ogni sofferenza.
«Esiste, o monaci, quello stato in cui non vi è terra, non vi è acqua, non vi è fuoco, non vi è aria, non vi è sfera dell’infinità dello spazio, non vi è sfera dell’infinità della coscienza, non vi è sfera della nullità, non vi è sfera della “né percezione né non percezione”, né questo mondo né un altro mondo né entrambi, né il sole né la luna. Qui, monaci, io dico che non vì è giungere, non vi è andare e non vi è rimanere, non vi è crescita e non vi è decrescita. Esso non è fisso, non è mobile, non ha sostegno. Proprio questa è la fine della sofferenza». (K. Seindenstücker, Udāna VIII,1, p. 93)
Dal discorso del fuoco dell’attaccamento
Nel sermone del fuoco il Buddha insegna che il fuoco dell’attaccamento brucia interiormente, ci distrugge ed è causa delle più grandi sofferenze. In pratica dove c’è attaccamento e senso di possesso tutto brucia, dove invece si “lascia andare” dimora la consapevolezza delle cose così come sono, allora c’è chiarezza, calma mentale e nulla più brucia.
«Cosa brucia dunque? Tutto brucia per mezzo del fuoco dell’attaccamento, del fuoco dell’avversione e del fuoco della confusione. L’occhio brucia, il contatto brucia, la coscienza brucia con il fuoco della passione, dell’illusione, recando dolori, afflizioni e distruzione. Le orecchie bruciano, le sensazioni bruciano, la lingua brucia, la mente brucia, gli oggetti della mente bruciano, la coscienza mentale brucia e qualsiasi cosa sorga in dipendenza dal contatto mentale con i suoi oggetti, brucia. Le sensazioni tattili e la coscienza tattile anch’esse bruciano.
Il piacere, il dolore brucia, come la nascita, l’invecchiamento e la morte.
Tutto brucia mediante il fuoco della passione, dell’avidità, dell’illusione.
Il fuoco si spegne quando cresce nella mente e nel cuore l’invincibile, nobile disciplina interiore. L’invincibile nobile disciplina disincantata dal contatto con l’occhio e la vista, disincantata nei confronti dell’orecchio e dell’udito, disincantata nei confronti del naso e dell’olfatto, disincantata nei confronti della mente e degli oggetti mentali, disincantata nei confronti delle passioni e degli oggetti delle passioni, disincantata nei confronti del piacere e del non piacere, disincantata nei confronti della lode. Così la vita santa è completata, perché il mondo sensoriale può deluderci, crediamo che ci faccia felici, ma alla fine ci dà un senso di vuoto e di sofferenza. Se invece impariamo a guardarlo senza giudicarlo, senza attaccarci, senza senso di possesso, questo mondo illusorio svanisce per cedere il posto alla Verità disincantata. Impariamo a vedere la verità della sofferenza dimorando semplicemente nella consapevolezza delle cose, così come esse sono, rispettandole con gentilezza, compassione e chiarezza, senza senso di avversione, di avidità e di possesso, figli dell’ignoranza.
Dimorare nella consapevolezza libera e aperta dove niente più brucia, dove c’è calma e pace. Insomma, bisogna mollare la presa dimorando di fronte alle cose così come sono, senza essere catturati dagli stimoli sensoriali. Solo così non causeremo più sofferenza a noi stessi e in conseguenza agli altri».
(Raccolta di discorsi riuniti, 35.28 [Il sermone del fuoco]. Versione abbreviata mediante un commento del curatore basato sull’ascolto di un discorso di Ajahn Chandapalo del Monastero Theravada “Santacittarama”di Rieti)
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