A proposito di accettazione, credenze, identità e, anche se solo indirettamente, meditazione, ho appena letto un breve brano di Lee Coit.
«In oriente, catturano le scimmie con un semplice artifizio: Si servono di un cesto con una piccola fessura e poi ci mettono dentro un frutto. Poi, legano il cesto ad un palo.
La scimmia arriva, mette la zampa dentro il cesto e afferra il frutto. Chiudendo la mano e stringendo saldamente il suo premio, la mano diventa troppo grossa per uscire dalla fessura. Allora gli uomini arrivano e la catturano. Resta intrappolata dalle sue stesse credenze. Non c’è nient’altro che la trattiene. Potrebbe andare via facilmente se lasciasse andare il frutto. Ma non mollerà mai la presa. Ciò che la intrappola è un pensiero: “se lascio andare perderò qualcosa”. Questo stesso concetto intrappola anche noi. Sentiamo che se lasciamo andare cio’ che abbiamo – il nostro sè limitato – perderemo qualcosa. Così ci aggrappiamo saldamente alla nostra identità o ego, e restiamo intrappolati. Se lasciamo la presa, e questo ci fa paura perchè non sappiamo cosa ci aspetta, saremo liberi. (Lee Coit “Accettare”)»
E la meditazione, qual’è dunque il suo ruolo, la sua funzione nella società? Nel contesto collettivo ti aiuta, ovviamente, in silenzio. Senza che te ne accorga nemmeno. I trucchi, gli escamotage oratori, le furfanterie lessicali di qualunque tipo di propaganda e perpetrate ai danni dei più sprovveduti, ma direi meglio dei più ingenui quanto buoni e sinceri, ti saranno – via via che procedi con la tua pratica meditativa – sempre più chiari. Non assecondare l’avidità, molla la presa dell’ego …
Ed ora qualche illuminante aforisma:
“Fa che il tuo “dogma” sia la pratica spirituale, non il credere.”
(Paramahansa Yogananda)
Ho scoperto che è necessario, assolutamente necessario, credere in niente. Ossia, dobbiamo credere in qualcosa che non abbia forma né colore; qualcosa che esiste prima che appaiano tutte le forme e tutti i colori. Ecco un punto molto importante. Indipendentemente dal dio o dalla dottrina in cui credete, se vi ci attaccate, il vostro credo si baserà più o meno su un’idea di tipo egocentrico.
(Shunryu Suzuki Roshi)
«Non dovete credere in ciò che avete udito; non dovete credere nelle tradizioni solo perché sono state tramandate per molte generazioni; non dovete credere in una cosa solo perché gira la voce e molti ne parlano; non dovete credere se vi viene prodotta l’affermazione scritta di qualche antico saggio; non dovete credere nelle congetture; non dovete credere che sia vero ciò cui siete attaccati per abitudine; non dovete credere meramente a causa dell’autorità dei maestri e degli anziani. Invece, Kalama, dopo averle attentamente esaminate, accettate solo quelle cose che avete sperimentato e trovato universalmente benefiche e lasciate perdere, invece, quelle cose che presentano caratteristiche nocive»
(Anguttara Nikaya, III, 65)
Ci si può convertire da una fede all’altra, si può passare da un dogma all’altro, ma non ci si può convertire alla comprensione della realtà: credere non è realtà.
(Jiddu Krishnamurti)
Accettate le mie parole solo quando le avrete verificate personalmente; non accettatele semplicemente a causa della riverenza che nutrite per me. Coloro che hanno soltanto fede in me e affetto per me non troveranno la libertà finale; ma coloro che hanno fede nella verità e sono risoluti sul sentiero, troveranno il risveglio.
(Parole del Buddha – “Fede e riverenza” – Majjhima Nikâya)
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