Parabola tratta da un capolavoro della letteratura cinese taoista – lo Chuang Tzu (Zhuangzi, IV sec. a. C.) – seguita da un breve commento.
«Tra le molte virtù di Zhuang-Zu c’era l’abilità del disegno.
Il re un giorno gli chiese il disegno di un granchio.
Zhuang-Zu disse che aveva bisogno di cinque anni di tempo e di una villa con dodici servitori.
Dopo cinque anni il re venne, ma il disegno non era ancora incominciato.
“Ho bisogno di altri cinque anni” disse Zhuang-Zu.
Il re a malapena e di malavoglia glieli accordò.
Allo scadere dei dieci anni, davanti al re, prese un pennarello e in un istante, con un solo gesto, disegno un granchio, il più perfetto granchio che si sia mai visto sulla faccia della terra.»
Commento
Fin qui la parabola. Come interpretarla, quale lezione potrebbe discenderne? Tentiamo di non prendere un granchio …
Nonostante Zhuang-Zu fosse molto abile esitò ugualmente. Forse perché la perfezione necessita approfondimento, applicazione, discernimento? Nemmeno per scherzo! La perfezione è solo un concetto originato dal desiderio, o da un malinteso senso della propria caducità, limitatezza. Forse perché Zhuang-Zu cercava la giusta concentrazione per esprimere un’intuizione che altrimenti non sarebbe riuscito ad imprimere sulla carta? Ne dubito.
Sono propenso a credere che la parabola stessa sia una benevola menzogna concepita per l’ennesima, quanto lodevole finalità meditativa. Infatti, se tenti di comprendere il comportamento di Zhuang-Zu, il filo della razionalità si aggroviglia senza possibilità che venga dipanato se non tramite il succedersi d’una lunga e inconcludente serie d’inutili ipotesi.
Diciamo che la spiegazione del racconto è come l’amore per una cosa bella che non si può ottenere senza prima dover rinunciarvi, ma con il rischio implicito di non poterla comunque raggiungere.
E questa è la meditazione.
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– Zhuāngzǐ, o Chuang Tzu o Chuang Tse