Mentre Bodhidharma fissava un muro in stato di meditazione, Hui-ko, il monaco che sarebbe divenuto il secondo Patriarca dello Zen, gli si avvicinò per chiedergli un insegnamento.
Insistette più volte, ma Bodhidharma rifiutò di dargli alcuna istruzione. Tuttavia Hui-ko non si diede per vinto e rimase lì, seduto in meditazione tra la neve, fuori della grotta dove Bodhidharma stava fissando il suo muro, nella speranza che il maestro cambiasse idea. Alla fine, come gesto di disperazione e di estrema supplica, si tagliò il braccio sinistro e lo presentò a Bodhidharma. Allora, finalmente, Bodhidharma gli diede udienza, Hui-ko poté parlare e disse: “La mia mente non è in pace. Ti prego: acquietala”. Bodhidharma rispose: “Fammi vedere la tua mente inquieta e io te la pacificherò”. “Ma – obiettò Hui-ko – quando cerco la mia mente, non riesco ad afferrarla”. “Ora – urlò Bodhidharma – la tua mente è in pace”. Hui-ko ebbe un’importante realizzazione.
In un altro insegnamento dato sempre da Bodhidharma al suo successore, egli dice: “Lascia andare tutti i pensieri discorsivi e tutti gli attaccamenti. Fa riposare la tua mente”.
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