La meditazione Zen rende meno sensibili al dolore. Questo perché la sensazione fastidiosa in chi medita non viene considerata dalle zone del cervello responsabili della valutazione, del ragionamento o della formazione della memoria. Il normale processo di etichettatura delle esperienze, infatti, viene neutralizzato, così lo stimolo non viene classificato come doloroso.
A svelare il meccanismo analgesico dell’antica disciplina orientale è un gruppo di ricercatori canadesi che hanno pubblicato uno studio su Pain. Al contrario di quanto si è fino ad ora pensato, dunque, non sarebbe la capacità attiva di controllo mentale a rendere più resistenti al male fisico, ma piuttosto un processo più passivo che spegne i recettori ad hoc del sistema nervoso.
Secondo Pierre Rainville dell’università de Montreal, che ha coordinato la ricerca, i meditatori Zen, infatti, presentano ai test sia risposte più attenuate al dolore sia una diminuzione dell’attività cerebrale nelle aree cerebrali deputate alla cognizione, all’emozione, alla memoria. In pratica, gli scienziati hanno analizzato e comparato le reazioni a stimoli dolorosi in 13 adepti della disciplina Zen e in 13 persone di controllo, utilizzando la risonanza magnetica.
Si è osservato così una drastica riduzione della comunicazione tra le regioni del cervello che classificano il dolore e la corteccia prefrontale (area coinvolta nelle forme di trattamento del dolore). Il lavoro indica, in particolare, che chi medita ha acquisito l’attitudine a neutralizzare i processi cerebrali superiori, continuando comunque a sentire lo stimolo. Questa capacità e la possibilità di manovrarla potrebbe avere importanti sviluppi negli studi sulla regolazione generale di dolore e emozioni.
– Roma, 10-12-2010 – (Adnkronos Salute)