Dopo qualche anno passato a eseguire danze sufi, infatti, la mia amica ha sentito il bisogno di arricchire la propria ricerca spirituale spostandosi verso la meditazione … Ci possono essere letture diversificate di questo tipo di migrazione i cui sentieri attraversano le religioni, le forme di meditazione, di preghiera, di culto.
«Da qualche anno a questa parte, nelle camere degli alberghi europei è facile trovare non più soltanto una copia della Bibbia o del Nuovo Testamento, ma anche un’antologia dei Discorsi del Buddha: dunque un testo cristiano e un testo buddhista posti pacificamente uno di fianco all’altro, o uno sopra l’altro nel cassetto del comodino, per venire incontro alle eventuali inquietudini spirituali di qualche ospite insonne. L’inedita “coabitazione” di questi due libri va innanzitutto intesa come l’effetto di una consapevolezza ormai diffusa: e cioè che in Europa nuovi universi religiosi convivono ormai stabilmente accanto all’antica tradizione cristiana, per cui ci si può anche aspettare che in un albergo capiti un viaggiatore più interessato al Buddha che a Gesù. Ma per il semplice fatto di essere posti assieme, i due testi sacri non invitano solo a una scelta dirimente: prendi uno e lascia perdere l’altro, a seconda della tua identità religiosa di partenza. Suggeriscono infatti indirettamente al nostro ospite notturno di aprire l’uno e l’altro libro; finiscono – che lo vogliano o no – per far supporre che si possa imparare qualcosa un po’ dal primo e un po’ dal secondo; suscitano l’ipotesi che magari i due testi siano intercambiabili, ricomponibili a piacere secondo il proprio gusto personale. Rendono insomma allettante l’idea di migrare, di spostarsi con facilità e piacere da una tradizione all’altra, come se fosse bello essere un po’ buddhisti e un po’ cristiani. In effetti, questo nomadismo spirituale sembra uno dei tratti tipici della religiosità contemporanea. Mi viene da pensarlo mentre osservo il comportamento e ascolto i discorsi di un’amica greca, rinomata studiosa di arte moderna. Entra in una chiesa ortodossa e accende candele, bacia le sacre icone, perché si
sente sempre parte della tradizione religiosa in cui è stata educata. Ma questa fede originaria, che pure in lei permane, non le ha impedito di frequentare, fino a poco tempo fa, anche un gruppo di mistica sufi, guidato però non da un musulmano, bensì da un maestro ebreo che a propria volta, evidentemente, ha giudicato possibile e salutare congiungere gli insegnamenti della Torah con quelli del misticismo islamico. Non basta. Dopo qualche anno passato a eseguire danze sufi, infatti, la mia amica ha sentito il bisogno di arricchire la propria ricerca spirituale spostandosi verso la meditazione indiana: non quella tradizionale, beninteso, bensì la cosiddetta kundalini, come è stata elaborata dal famoso maestro Osho, pure lui un convinto sostenitore di pratiche religiose trasversali, generate dalla “miscela” di tradizioni orientali e occidentali. Il caso della mia amica greca non è affatto isolato e non va trattato con sufficienza. Esso infatti è un emblematico risultato di quel «supermercato delle religioni» che si crea nel momento in cui fedi diverse vengono a convivere l’una accanto all’altra. Occorre innanzitutto ricordare che molte tradizioni religiose intendono presentarsi come portatrici di una Verità unica, assoluta, esclusiva; e di conseguenza vincolante per chi a quella tradizione appartiene. Ma per il solo fatto di trovarsi oggi fianco a fianco con altre tradizioni a loro volta portatrici di Verità assolute, ecco che queste stesse religioni si relativizzano a vicenda… Divento invece io a decidere qualke sia la Verità cui aderire. E come faccio a deciderlo? Non sentendomi più vincolato all’appartenenza ad una tradizione, non posso fare altro riferiemnto che alla mia coscienza, al mio vissuto… Ed ecco allora che comincio a migrare, a spostarmi da una religione all’altra, a mettermi in cammino di tradizione in tradizione… In atto ormai da molti anni queste continue migrazioni spirituali, praticate oltretutto da un numero crescente di persone, hanno finito alla lunga per creare un nuovo clima spirituale, un nuovo modo di concepire le credenze religiose…»
Ci possono essere letture diversificate di questo tipo di migrazione i cui sentieri attraversano le religioni, le forme di meditazione, di preghiera, di culto. Si può denunciare come una religione che coglie per lo più somiglianze sia assai debole dal punto di vista teologico e corrisponda ad una fondamentale superficialità e confusione: annullamento di confini e di criteri di orientamento. Tuttavia questo nomadismo si contrappone ad un movimento assai più diffuso, il ripiegamento identitario che utilizza la religione come strumento per una contrapposizione all’altro e per un rifiuto che giungono alla violenza. Proprio questo nomadismo spirituale potrebbe essere colto, in un contesto pregno di tentazioni di violenza e di confronto bellicoso, come una provocazione per attuare una convivenza diversa, per viaggiare in direzioni nuove nella comunicazione. “Con la sua teologia minima basata sulla somiglianza tra le diverse fedi, costringe le singole religioni a interrogarsi con cognizione di causa sul significato di un mondo multireligioso. E a elaborare quindi una approfondita teologia del pluralismo religioso che possa rendere conto sia delle analogie sia delle differenze fra le diverse vie di fede”.