Nello Zen ci viene richiesta una cosa difficile: l’attenzione a questo preciso momento, alla totalità di ciò che accade ora. Il motivo per cui non vogliamo fare attenzione è che non sempre ciò che accade è piacevole. Non ci va.
Abbiamo una mente in grado di pensare. Le cose spiacevoli sono impresse nella memoria. Facciamo sogni sul futuro, sulle cose piacevoli che avremo e che faremo. Tutto ciò che accade nel presente lo passiamo a questo filtro: “Non mi piace. Non voglio sentirlo. Preferisco dimenticarlo e sognare quanto accadrà di bello”. È un lavoro continuo: la mente gira, gira, gira nel costante tentativo di creare una vita piacevole, di farci sentire al sicuro e felici.
Facendo così non vediamo il qui-e-ora, questo preciso momento. Non lo vediamo perché siamo impegnati a filtrare. Ma ciò che accade è molto diverso da ciò che pensiamo. Chiedete a dieci persone di riassumervi questo libro, e avrete dieci distinte versioni. Si rimuovono i passi che non ci piacciono e si isolano quelli che ci gratificano. Delle parole dell’insegnante di Zen, sentiamo solo quello che vogliamo sentire. Essere aperti significa ascoltare tutto, non solo qualcosa. L’insegnante non è lì solo per essere carino con voi.
Il cardine dello zazen è questo: ritornare costantemente dal lavorio mentale al qui-e-ora. La pratica è questa. Ciò che dobbiamo sviluppare è la capacità di stare intensamente nel qui-e-ora. Dobbiamo sviluppare la capacità di decidere, di fare questa scelta: “Questa volta non me la filerò”. La pratica è una scelta ogni volta rinnovata, un bivio che ci si apre continuamente davanti. Momento per momento siamo chiamati a decidere tra il mondo meraviglioso dentro la nostra testa e la realtà. E la realtà, in una sesshin, è molto spesso stanchezza, noia e male alle gambe. Ciò che impariamo dal sedere tranquillamente con il disagio è così prezioso che, se non ci fosse, dovremmo inventarlo. Se avete dolore non potete filarvela. Il dolore vi costringe a stare con lui. Non ci sono altri posti in cui andare. Questo è il valore del disagio.
La pratica dello Zen mira a farci vivere con più agio. Vivere con agio significa imparare a non passare la vita a sognare, ma stare con ciò che è qui-e-ora, qualunque cosa sia. Buono, cattivo, bello, brutto, mal di testa, malattia o felicità non fa differenza.
[ Da: Charlotte Joko Beck, “Zen quotidiano“ ]
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– https://en.wikipedia.org/wiki/Joko_Beck