In tutto l’universo, non esiste una tradizione su cui tutti possano ritrovarsi d’accordo; però tutti gli esseri, dall’insetto più minuscolo al praticante più sublime, dipendono da una qualche tradizione per realizzare qualsiasi cosa. Se non esistessero diverse tradizioni a cui potersi affidare, non ci sarebbe una base per la comprensione e/o l’associazione fra gli esseri; ci sarebbero solo ostacoli, caos e dolore. Anche se gruppi diversi seguono diverse tradizioni, tutte le tradizioni dipendono dall’energia dei cinque elementi e appaiono sotto forma di diverse combinazioni di elementi sottili e grossolani. Ma poiché ogni tradizione ha una sua specifica energia, che corrisponde a specifiche facoltà degli esseri viventi, è difficile per questi spostarsi da una tradizione all’altra.
Anche fra le ordinarie tradizioni mondane, non c’è mai accordo comune sul medesimo argomento. [ … ] La tradizione positiva di un paese può corrispondere alla tradizione negativa di un altro paese. [ … ] (Per esempio) Secondo le usanze di molti Paesi occidentali – rinforzate fin dall’infanzia dall’abitudine a parlare liberamente – chi non parla in modo diretto viene considerato difficile da comprendere o misterioso. Secondo le usanze di molti Paesi orientali, chi invece parla in modo diretto viene considerato immodesto e arrogante. Quindi, a seconda dell’uso tradizionale, ci sono due ben distinti giudizi collegati allo stesso modo di parlare. [ … ] l’unico metodo valido è quello di parlare in modo diretto alla presenza di coloro che apprezzano questo stile, e di restare in silenzio alla presenza di coloro che non lo apprezzano, senza attaccamento o rifiuto verso l’abitudine di parlare o non parlare.
Nella tradizione Hinayana, si ritiene che chi abbia attaccamento verso le donne non può raggiungere la liberazione. Secondo l’approccio Hinayana, le donne sono considerate una fonte di passioni e un ostacolo al sentiero della moralità. Per questa ragione, molti praticanti Hinayana diventano monaci ed evitano le donne. Nella tradizione dei Tantra Interiori, si ritiene che senza l’aiuto delle donne non si può raggiungere la liberazione. Secondo l’approccio dei Tantra, le donne sono considerate la fonte della realizzazione della saggezza, e della beatitudine senza desiderio realizzata attraverso il desiderio. Per questa ragione, molti santi hanno rivelato che le donne dovrebbero essere ricercate come consorti.
Diverse tradizioni sono adatte a persone di inclinazioni diverse; quindi l’unico metodo valido è quello di adottare quella che preferiamo, secondo le nostre inclinazioni, che sia la tradizione Hinayana, quella Tantrica o entrambe. Se abbiamo timore delle donne, possiamo adottare la disciplina dello Hinayana; se adoriamo le donne, possiamo adottare la consorte della tradizione tantrica, la consorte di saggezza che rappresenta il complemento “esterno” della saggezza “interiore”. Oppure possiamo adottare entrambe le tradizioni, se siamo capaci di trasformare i diversi aspetti in una sola essenza.
Dal punto di vista assoluto, per raggiungere l’illuminazione dobbiamo riconoscere il luminoso spazio della saggezza senza tradizioni, che è la sorgente di tutte le innumerevoli tradizioni. Ma dal punto di vista relativo, finché le nostre facoltà mentali sono oscurate, non possiamo rifiutare la tradizione. Nel Dharma si è soliti affermare che, per guidare gli altri all’illuminazione, l’insegnamento del Buddha si adatta agli usi e costumi mondani. Quelli che hanno le più alte capacità spirituali riflettono spontaneamente il puro Dharma. Quelli che hanno invece le facoltà oscurate non riescono a entrare in rapporto col puro Dharma; quindi, finché non affinano le loro capacità, devono fare affidamento sulle tradizioni di fede.
La fede è strettamente collegata all’aspirazione; sono in realtà due aspetti della stessa cosa. Se non avessimo fede nelle capacità nutritive del cibo, come potremmo desiderare di mangiare? Se non avessimo fede nella capacità dei vestiti di proteggere il nostro corpo nudo, perché dovremmo desiderare di vestirci? Se non avessimo fede, come potremmo entrare in rapporto con i nostri partner, la nostra famiglia, i nostri amici, i nostri insegnanti mondani o di Dharma, gli usi e i costumi del nostro paese? Senza fede, siamo meno che animali. Perfino le mucche hanno fede nell’erba.
Se chiediamo a una persona religiosa se ha fede in dio, ci risponderà di sì. Se invece le chiediamo se ha fede nei suoi amici, ci risponderà di no. Ma l’essenza della fede è l’amore, quindi se davvero amiamo il nostro dio e davvero amiamo i nostri amici, automaticamente abbiamo fede in entrambi. La fede è semplicemente diretta in direzioni diverse, secondo la tradizione che stiamo seguendo. Se pensiamo che non abbia senso aver fede in un dio perché un dio è invisibile, non comprendiamo che l’essenza della fede – cioè l’amore – è sempre la stessa. Quando amiamo pensiamo di amare un oggetto, ma in realtà l’amore è inerentemente presente nella nostra soggettività e si sta semplicemente riflettendo su un oggetto. Dunque quando c’è amore c’è anche fede. L’oggetto della fede può cambiare da un dio a una nazione, a un amico, a un amante secondo la tradizione che seguiamo; mentre il beneficio sia assoluto che relativo della fede dipende dalla nostra attitudine nei riguardi dell’oggetto.
Senza affidarci a una tradizione non possiamo fare nulla. Quindi, finché non diventiamo illuminati, non possiamo rifiutare la fede, che dipende dalla tradizione. Per poter comunicare, è sempre necessario avere a che fare con la tradizione della società in cui siamo. Ma se ci affidiamo a questa con un rigido spirito di attaccamento, ci ritroviamo intrappolati dalla tradizione.
La tradizione di guida cittadina non è appropriata se stiamo guidando in autostrada; imporrebbe dei limiti assolutamente non necessari alla nostra libertà. Nonostante ciò, alcuni rigidi cittadini del Sangha sono portati a pensare che le loro abitudini di guida cittadine sono adatte sempre e comunque, e vogliono utilizzarle per limitare la libertà di altri individui che invece preferiscono guidare nelle autostrade sgombre e non artificiose della Mente di Saggezza.
Il punto di vista del Dharma è quello di distruggere la tradizione del samsara attraverso speciali espressioni di metodi efficaci – come lo scrivere, il dipingere, il parlare o l’insegnare – per raggiungere l’illuminazione che è al di là della tradizione. Nonostante ciò, molte generazioni di artisti, filosofi e insegnanti buddhisti si sono espresse usando uno stile “tradizionale”. Se scriviamo, dipingiamo o diciamo qualcosa che non è strettamente vicino a questa tradizione, alcuni buddhisti rigidi pensano che questo non può essere un punto di vista buddhista. Essi non comprendono che la tradizione buddhista consiste nell’infrangere le tradizioni impure del samsara per ottenere le più vaste, illimitate e pure tradizioni. La tradizione impone sempre dei limiti, se non è pura. Quindi, fin dal principio, non dovremmo avere attaccamento verso la tradizione, così da liberare la nostra mente dall’abitudine alle trappole tradizionali del samsara. Dovremmo comprendere gli innumerevoli molteplici aspetti della tradizione, senza ignorare le tradizioni degli altri per poter essere di beneficio agli esseri del samsara. Così, mentre liberiamo la mente dalla tradizione, dovremmo giocare con le tradizioni senza attaccamento o rifiuto, facendole diventare un ornamento della nostra mente; proprio come un albero e gli uccelli si fanno reciprocamente da ornamento.
Se in quanto filosofi abbiamo l’intenzione limitata di occuparci soltanto delle forme logiche grossolane che rientrano nei limiti della deduzione, che analizziamo con il freddo intelletto, allora finiremo per rendere solidi e grossolani i fenomeni invisibili degli esseri ordinari. Se invece abbiamo la vasta intenzione di essere filosofi sublimi, cioè di creare invisibili qualità sublimi attraverso la logica visibile degli esseri ordinari, allora dobbiamo disdegnare le aspettative collegate a gradi, qualifiche e titoli (esternamente pomposi ma internamente vuoti) e trasmettere il tesoro di saggezza della nostra conoscenza illimitata, come un nobile fiume, in tutte le università dell’universo, condividendo il nettare della nostra conoscenza con il flusso degli studenti di tutto il mondo.
Se in quanto monaci abbiamo l’intenzione limitata di esprimere forme morali entro i limiti della nostra tradizione, che consideriamo con la moralistica mente egoica dei nostri elementi grossolani, allora finiremo per essere sempre legati dall’inutile disciplina della tradizione del nostro gruppo. Se invece abbiamo la vasta intenzione di essere monaci sublimi, cioè di adottare l’illimitata tradizione della purezza di saggezza, allora dobbiamo abbandonare il giardino coltivato dell’ordinaria organizzazione di gruppo del monaco tradizionale e trasferirci sull’incontaminata isola della vasta condotta etica, lasciando che la nostra moralità fiorisca come un loto, i cui petali sono puri sia fuori che dentro e il cui profumo naturale di miele si diffonde senza ostacoli a tutti i fortunati studenti simili ad api che esistono.
Se in quanto meditanti abbiamo l’intenzione limitata di esprimere forme silenziose entro i limiti del nostro respiro – che inspiriamo ed espiriamo attraverso le oscurate narici del nostro limitato corpo karmico – allora finiremo per essere sempre legati dallo spazio limitato del nostro cuscino tradizionale, e per rinascere come mucche pressoché silenziose fatta eccezione per un occasionale muggito. Se invece abbiamo la vasta intenzione di essere meditanti sublimi, allora dobbiamo liberare la nostra mente dalla concentrazione e rilassarci nello spazio senza spazio dell’infinita e luminosa consapevolezza naturale. Qualsiasi concetto di esistenza o inesistenza sorga, possiamo lasciarlo andare fino a quando i nostri pensieri, come nodi fatti di nuvole che si sciolgono da soli, diventano gli ornamenti di luce di una manifestazione priva di tradizioni.
[ Da: “Magic Dance”, di Thinley Norbu Rinpoche, edizioni Shambhala, 1981. Scelto e tradotto da Italo Cillo ]
Thinley Norbu Rinpoche – nonostante il suo stile di vita defilato e il suo disinteresse verso le apparizioni pubbliche, la fama e il seguito di studenti – viene considerato fra i più grandi Lama viventi al giorno d’oggi. È figlio primogenito di Dudjom Rinpoche, la prima guida spirituale in esilio della scuola Nyingma. È detentore del lignaggio Dudjom Ter-Sar, Tulku di primaria importanza, yogi ed erudito della tradizione Nyingma. Durante gli anni della sua formazione in Tibet ha studiato e praticato nel monastero di Mindroling. Fin dalla sua fuga dal Tibet e dalla sua sistemazione negli Stati Uniti, ha scritto e pubblicato alcuni libri che sono forse i più straordinari testi di Dharma mai composti in una lingua occidentale. La sua padronanza e il suo uso originalissimo e “visionario” della lingua inglese (che afferma di aver imparato sfogliando un dizionario!) fanno dei suoi libri una risorsa molto preziosa per qualsiasi praticante occidentale.
– Fonte