Lo scienziato che tenti di descrivere il comportamento di un essere vivente parla prevalentemente di ciò che una persona fa. Per descrivere chi una persona è, si deve descrivere che cosa fa. E non si possono descrivere i comportamenti delle persone in astratto, come se agissero confinate nella propria pelle. In altre parole, se si vuole parlare di una persona che cammina, si deve descrivere anche il pavimento, perché camminare non significa far ciondolare le gambe in uno spazio vuoto. Noi ci muoviamo solo in un ambito di relazioni. Le nostre azioni possono essere descritte solo all’interno del contesto in cui si realizzano. Poniamo che adesso io mi stia rivolgendo a voi. Il mio discorso non esiste di per sé, poiché richiede la vostra presenza. Io mi sto rivolgendo a voi e quell’azione non è pienamente descritta a meno che anche il vostro essere qui sia descritto. Per descrivere il mio comportamento, devo descrivere il vostro comportamento e anche quello dell’ambiente.
Perciò siamo in presenza di un vasto sistema comportamentale, e ciò che io sono implica ciò che voi siete. Io non so chi sono a meno di sapere chi siete voi, e voi non sapete chi siete a meno di sapere chi sono io. Un saggio rabbino una volta ha detto: «Se io sono io è perché tu sei tu, e tu sei tu perché io sono io, allora io non sono io, e tu non sei tu». In altre parole, noi non siamo divisi: ci definiamo reciprocamente. Dipendiamo l’uno dall’altro. Se si appoggiano due bastoni l’uno contro l’altro in modo che si reggano in piedi sostenendosi a vicenda, e poi se ne toglie uno e l’altro cade, si capisce chiaramente che sono interdipendenti. E questa è esattamente la situazione in cui ci troviamo. Noi, il nostro ambiente circostante e l’insieme di tutti noi, costituiamo dei sistemi interdipendenti.
Qualunque bravo scienziato sa che quello che chiamate mondo esterno è “voi” almeno quanto il vostro stesso corpo. La vostra pelle in realtà non vi separa dal mondo: è piuttosto un ponte per mezzo del quale il mondo scorre all’interno di voi, e voi scorrete nel mondo. Somigliate a un mulinello d’acqua: ha una forma precisa, ma in nessun momento l’acqua che lo costituisce resta immobile. Il mulinello è qualcosa che la corrente sta facendo, proprio come noi siamo delle cose che l’intero universo sta facendo. Perciò, se io vi incontrassi di nuovo domani, vi riconoscerei come lo stesso gorgo che ho visto ieri, ma voi siete in movimento. Il mondo intero vi sta attraversando (i raggi cosmici, l’ossigeno, l’insieme di carne, latte e uova che mangiate), tutto vi scorre dentro. Voi siete un movimento ondulatorio, e il mondo vi sta “ondulando”.
Il problema è che non ci viene insegnato a percepire tutto questo. I miti soggiacenti alla nostra cultura e al nostro senso comune non ci hanno insegnato a sentirci tutt’uno con l’universo. Ed è questo che ci fa sentire alienati rispetto all’universo, come se fossimo frammenti separati che affrontano il mondo. Ma abbiamo urgentemente bisogno di percepire che siamo l’eterno universo, che ciascuno di noi lo è. Altrimenti continueremo a impazzire, a distruggere il pianeta e a commettere suicidio collettivo per gentile concessione delle bombe nucleari. E la cosa finirà lì. Ma forse ci sarà vita altrove, nella galassia. Forse qualcuno scoprirà un gioco migliore.
[ Da: Alan Watts, “Lo zen e l’arte di imbrogliare la mente“ ]
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– https://it.wikipedia.org/wiki/Alan_Watts