V’è un detto zen che suona: “la realizzazione originale è una pratica meravigliosa”. Ciò significa che non va fatta distinzione fra la realizzazione del risveglio (satori) e il culto dello zen nella meditazione e nell’azione. Per quanto sia lecito supporre che la pratica dello zen è un mezzo che ha per fine il risveglio, le cose non stanno così.
Difatti la pratica dello zen non è vera pratica fin quando si riprometta un fine, e quando non si prefigge un fine allora è risveglio, la vita senza scopo, auto-sufficiente dell’”eterno presente”. Praticare lo zen in previsione di un fine significa tenere un occhio sulla pratica e un altro sul fine; ossia mancare di concentrazione, mancare di sincerità. Espresso diversamente: non si pratica lo zen per divenire Buddha; lo si pratica perché si è Buddha fin dall’inizio (e questa “originale realizzazione” è il punto di partenza della vita zen).
[ Da: Alan Watts, La via dello zen ]
– Alan W. Watts (macrolibrarsi)
– Alan Watts (amazon)
– https://it.wikipedia.org/wiki/Alan_Watts