Spesso la meditazione non è ben compresa. Pratichiamo in gruppo, ma non sappiamo veramente di cosa si tratti. Alcuni pensano che sia qualcosa di molto difficile. “Vengo al monastero, ma non riesco a stare seduto. Non ho molta pazienza. Mi fanno male le gambe, ho mal di schiena, mi fa male dappertutto.” E così ci rinunciano e non vengono più, pensando di non riuscirci.
Ma in effetti, il samadhi (nel Buddhismo il termine samadhi indica una condizione nella quale la mente è ferma e stabile, grazie a un’aumentata capacità di concentrazione. La stessa parola nello yoga ha invece un significato diverso) non è sedersi. Non è camminare. Non è sdraiarsi né stare in piedi. Sedersi, camminare, chiudere gli occhi, sono solo azioni. Avere gli occhi chiusi non significa necessariamente che state praticando il samadhi. Potrebbe voler semplicemente dire che siete assonnati e offuscati. Se siete seduti con gli occhi chiusi ma vi state addormentando, se la testa vi ciondola e la bocca si apre, non è sedersi in samadhi. È sedersi con gli occhi chiusi. Samadhi e occhi chiusi sono due cose diverse. Il vero samadhi può essere praticato sia con gli occhi aperti che chiusi. Potete sedervi, camminare, stare in piedi o sdraiarvi.
Samadhi significa che la mente è stabilmente focalizzata con omnicomprensiva consapevolezza, contenimento, e attenzione. Siete costantemente consapevoli del giusto e dello sbagliato, in costante osservazione di tutte le condizioni che sorgono nella mente. Quando vi capita improvvisamente di pensare a qualcosa, di sentire avversione o desiderio, ne siete consapevoli. Alcuni si scoraggiano: “Non ci riesco. Appena mi siedo, la mente comincia a pensare a casa mia. È male.” Hey! Se quello fosse il male, il Buddha non sarebbe mai diventato Buddha. Passò cinque anni a lottare con la sua mente, pensando a casa sua e alla sua famiglia. Si risvegliò solo dopo sei anni.
[ Da: Ajahn Chah, Il sentirero della pace, Ass. Santacittarama, 2002 ]
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– https://it.wikipedia.org/wiki/Ajahn_Chah