Tenzin Gyatso, Quattordicesimo Dalai Lama del Tibet, nacque nel piccolo villaggio agricolo di Takster, nella provincia dell’Amdo, il 6 Luglio 1935.
All’età di due anni, in seguito ad una ricerca estesa all’intero paese, fu riconosciuto come la reincarnazione del suo predecessore, il grande Tredicesimo Dalai Lama.
Com’è sempre accaduto secondo la tradizione, anche questa volta il ritrovamento del nuovo Dalai Lama era stato preannunciato da segni miracolosi, che indicavano in quale località si trovasse il bambino.
Poco dopo la morte del Tredicesimo Dalai Lama, nel Dicembre 1933, nel cielo della periferia nord-orientale di Lhasa erano apparse ripetutamente curiose formazioni di nubi, attraversate da arcobaleni.
Durante la notte, sul pilastro nord-orientale della camera dove giaceva il corpo del Dalai Lama spuntò un gigantesco fungo a forma di stella.
Alcuni giorni più tardi, si scoprì che la testa del defunto si era voltata: non era più rivolta al meridione – la tradizionale direzione di buon auspicio ma puntava chiaramente in direzione nord-orientale.
Nella primavera del 1935 il Reggente del Tibet, accompagnato da alcuni membri dell’Assemblea Nazionale, si recò in pellegrinaggio al lago sacro di Lhamoi Latso alla ricerca di una visione del nuovo Dalai Lama.
Solo, in piedi su un’alta roccia, scrutava le acque, a cui i Tibetani attribuiscono il potere di mostrare il futuro.
Apparve allora l’immagine di un grande monastero dai tetti d’oro e di giada. Dal monastero si snodava uno stretto sentiero che andava verso oriente, che conduceva alla cima di un’arida collina. Oltre la collina, si vedeva una casa dalle tegole color turchese e un cane pezzato bianco e marrone.
Infine, gli apparvero tre lettere dell’alfabeto Tibetano, che indicavano, si presumeva, il luogo e la provincia esatti.
Poco dopo questa visione – che fu riferita al governo in un rapporto segreto – il Reggente fece un sogno, in cui vide di nuovo la stessa umile casa contadina. Questa volta, tuttavia, nel cortile c’era un bambino e sopra di lui c’erano delle grondaie con forme bizzarre.
Guidati da questa visione, alcuni gruppi si mossero in una ricerca a ventaglio per tutto il Tibet. Un gruppo di persone viaggiò per 1000 miglia verso nord-est, fino al monastero di Kum Bum, famoso per i suoi tetti d’oro e di giada.
Da là, alcuni monaci li guidarono verso una casa situata nel vicino villaggio di Takster, che aveva le tegole del tetto color turchese.
Giunsero alla casa travestiti da mercanti e chiesero di poter fare un tè in cucina, usanza comune tra i viaggiatori Tibetani. Quando entrarono nel cortile, il capo del gruppo, Kyetsang Rimpoce del Monastero di Sera, fu colpito dalle strane forme delle grondaie, fatte di nodoso legno di ginepro, notò anche la presenza di un cane pezzato, bianco e marrone. Vestito di un vecchio mantello di pelle di pecora, Rimpoce fingeva d’essere il servitore del gruppo. Così era libero di guardarsi attorno, mentre i suoi attendenti erano oggetto delle cure dell’uomo e della donna di casa.
Non appena Kyetsang Rimpoce s’avvicinò alla cucina, un bambino visibilmente eccitato, gli andò incontro. Sedette sulle sue ginocchia e afferrò un rosario che era appartenuto al Tredicesimo Dalai Lama e che ora il visitatore aveva al collo.
“Te lo darò” disse Rimpoce “se riesci ad indovinare chi sono”. “Tu sei un lama di Sera” rispose il bambino. E continuò indicandogli per nome, senza averli mai visti prima, due membri del gruppo. Straordinario era soprattutto il fatto che il bambino parlasse con il raffinato dialetto di Lhasa, che quasi nessuno conosceva in quella provincia.
Il loro interesse crebbe enormemente e così si fermarono per la notte con l’intenzione di partire, non visti, all’alba dell’indomani.
Ma non si erano svegliati abbastanza presto. Il bambino si era svegliato prima di loro e, vedendo che si preparavano a partire, li pregò di portarlo via con loro.
Riuscirono a calmarlo solo con la promessa che sarebbero tornati. Quando tornarono, sottoposero il bambino a una serie di prove mostrandogli alcuni oggetti, appartenuti al precedente Dalai Lama, confusi in mezzo a copie abilmente contraffatte.
Ogni volta il bambino sceglieva correttamente e ogni volta affermava con forza che quegli oggetti gli appartenevano di diritto.
Vennero fatte ulteriori prove che culminarono in un’ispezione fisica: il bambino aveva tutti gli otto segni che distinguono il Dalai Lama dagli altri uomini.
Non c’erano più dubbi, davanti a loro entrava nel suo secondo anno di vita il Prezioso Protettore in persona: il Quattordicesimo Dalai Lama del Tibet. Tenzin Gyatso fu portato a Lhasa all’età di quattro anni e mezzo.
Due settimane dopo il suo arrivo, venne messo sul Trono del Leone, come supremo capo spirituale e temporale del Tibet. Ha passato la sua infanzia in compagnia di monaci e attendenti, con rare visite da parte della sua famiglia. Durante l’inverno viveva nel Potala, il palazzo dei Dalai Lama sulla sommità della collina di Lhasa.
In estate si trasferiva nei padiglioni immersi nei giardini del Norbulinka, o Parco dei Gioielli. Tutti coloro che lo hanno conosciuto bambino parlano di lui come un bambino attraente e sicuro di sé, che aveva assunto con naturalezza il ruolo di Dalai Lama. Crescendo, la sua curiosità per il mondo oltre i confini del Tibet lo portò a coltivare interessi personali che comprendevano lo studio dell’inglese, della scienza e della matematica, mentre negli studi Buddhisti i suoi tutori riconobbero che era impareggiabile.
Il 7 ottobre 1950 la Cina Comunista invase il Tibet. A 16 anni non ancora compiuti, il Dalai Lama fu costretto ad assumere il pieno potere temporale, nonostante la sua mancanza di esperienza in politica interna e internazionale.
Da allora, per nove anni, cercò un compromesso con i comunisti nella convinzione che lui solo poteva attenuare gli effetti dell’occupazione sul suo popolo.
Nel marzo 1959, la rivolta popolare contro i Cinesi, cominciata tre anni prima nella provincia del Kham, scoppiò a Lhasa.
Il Dalai Lama fuggì in India, seguito da più di centomila profughi, che si sottrassero così a una brutale repressione che costò la vita a più di mezzo milione di persone e che ebbe come risultato la distruzione quasi totale della cultura tradizionale Tibetana.
Sono passati ormai vent’anni da quando gli esuli Tibetani arrivarono in India. Durante questo periodo di tempo hanno cercato di conservare la loro cultura perché fosse strumento di lotta per la libertà del Tibet. Organizzati in più di 50 grandi comunità agricole, i Tibetani hanno effettivamente costruito un nuovo Tibet all’estero: una nazione dal carattere più spiccatamente Tibetano di quella rimasta sotto la dominazione Cinese.
Negli ultimi anni, i loro sforzi hanno dato risultati importanti: riconoscendo che il popolo Tibetano continua a considerare il Dalai Lama il suo legittimo capo, Pechino ha deciso di tentare con ogni mezzo di far tornare gli esuli in patria. A tutt’oggi quattro generazioni in rappresentanza del governo Tibetano in esilio, hanno visitato il Tibet riallacciando i contatti tra amici e parenti che erano stati completamente interrotti. Inoltre, la Cina ha annunciato una serie di grandi riforme del suo regime coloniale in Tibet.
Sebbene la soluzione dei problemi del Tibet sia ancora di là da venire, sembra che questa nazione divisa presto o tardi finirà inevitabilmente per riunirsi.
(Da: Il Dalai Lama ci parla – John F. Avedon)
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– Il Dalai Lama – Macrolibrarsi.it
– https://it.wikipedia.org/wiki/Dalai_Lama
– Frasi celebri del Dalai Lama