In diversi dialoghi, Platone descrive una curiosa pratica in cui Socrate si appartava immobile, in meditazione. Così ad esempio, nel Simposio platonico, Alcibiade ce lo descrive capace di una tale intensa concentrazione da perdere del tutto il contatto con il mondo esterno, fissandosi in uno stato corporeo d’immobilità prolungata:
«Un giorno si mise a meditare sin dal primo mattino, e restava fermo a seguire le sue idee. Non riusciva a venire a capo dei suoi problemi, e così stava lì, in piedi, a riflettere. Era già mezzogiorno e gli altri soldati l’osservavano, stupiti, e la voce che Socrate era in piedi a riflettere sin dal mattino presto cominciò a circolare; finché, venuta la sera, alcuni soldati della Ionia dopo cena portarono fuori i loro letti da campo – era estate – e si sdraiarono al fresco, a guardar Socrate, per vedere se avrebbe passato la notte in piedi. E così fece, sino alle prime luci del mattino. Solo allora se ne andò, dopo aver elevato una preghiera al Sole». (Simposio)
Sebbene la pratica di Socrate venga definita ‘meditazione’, nessuno dei presenti sa spiegarsi perché Socrate stia là immobile per lungo tempo. Eppure questa ‘abitudine’ è messa in relazione con un certo vigore fisico, con una forza d’animo che suscitava ammirazione. Socrate è descritto da Alcibiade come una persona di straordinaria calma e capacità di dominio di sé, in grado di sopportare il freddo anche in condizioni estreme, coraggiosissimo in guerra e resistente a ogni tentazione dei sensi. (da: epochtimes.it – Veronica Melelli – 22 agosto 2017)
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