Dopo la morte di Bankci, un cieco che viveva accanto al tempio del maestro disse a un amico: «Da quando sono cieco, non posso osservare la faccia delle persone, e allora devo giudicare il loro carattere dal suono della voce. Il più delle volte, quando sento qualcuno che si congratula con un altro per la sua felicità o il suo successo, afferro anche una segreta sfumatura di invidia.
Quando uno esprime il suo rammarico per la disgrazia di un altro, sento il piacere e la soddisfazione, come se quello che si rammarica sia in realtà contento che nel suo proprio mondo ci sia ancora qualcosa da guadagnare. «La voce di Bankei, però, sin dalla prima volta che l’ho sentita, è stata sempre sincera. Quando lui esprimeva la felicità non ho mai sentito null’altro che la felicità, e quando esprimeva il dolore, il dolore era l’unico sentimento che io sentissi».
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– 101 Storie Zen – Nyogen Senzaki A cura di Nyogen Senzaki, Paul Reps
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Commento
Cos’è che si nasconde dietro il velo delle apparenze fenomeniche? E ancor di più: cos’è che si cela dietro le nostre movenze, il tono della voce e, più in generale, l’atteggiamento adottato di volta in volta per esprimere, per reprimere, i nostri veri sentimenti? Siamo, inoltre, davvero sicuri di conoscerli a fondo? E chi è, infine, che si rapporta con il contesto, la personalità più superficiale (cioè l’ego) o il nucleo della soggettività (ciò che scaturisce dal contato con l’essenza)? Domande a cui si può rispondere solo se s’intraprende un percorso introspettivo, ossia – in primo luogo, soprattutto – con la meditazione.
Gran bella storia. La differenza fra il bene e il male è spiegata alla grande.