La coscienza dell’unità è semplicemente la consapevolezza del territorio reale del non-confine. Per quanto possa sembrare semplice, è estremamente difficile discutere in termini adeguati della consapevolezza del non-confine o della coscienza dell‘unità, e ciò perché il nostro linguaggio, il mezzo in cui si muove tutta la discussione verbale, è un linguaggio fatto di confini.
Come abbiamo già visto, le parole, i simboli e i pensieri stessi, in realtà, altro non sono che confini. Anche dicendo: “la realtà è la consapevolezza del non-confine” si crea una distinzione tra confine e non-confine! Che “la realtà è senza confini” è vero, purché non si dimentichi che la consapevolezza del non-confine è una consapevolezza diretta, immediata e non verbale, e non è assolutamente una teoria puramente filosofica…
Il confine primario tra sé e non sé, è di importanza così fondamentale che tutti gli altri confini ne dipendono. Non si possono distinguere dei confini tra le cose, se prima non abbiamo distinto noi stessi dalle cose. Ogni confine che tu crei dipende dalla tua esistenza separata, cioè, dal confine primario tra sé e non sé.
Di certo, tutti i confini rappresentano un ostacolo per la coscienza dell’unità, ma, poiché tutti i confini dipendono dal confine primario, vedere traverso questo, è come vedere attraverso tutti. In un certo senso, possiamo considerarla una posizione di vantaggio, perché se dovessimo affrontare tutti i confini separatamente, uno alla volta, impiegheremmo tutta la vita, o forse diverse vite, per riuscire a dissolverli e ottenere la “liberazione delle coppie”. Invece, mirando al confine primo, il nostro compito si semplifica enormemente. E’ come se l’insieme di tutti i nostri confini costituisse una piramide capovolta fatta di vari blocchi, i quali poggiano sul blocco posto alla sommità. Togliendo quell’unico blocco, tutta la costruzione crollerà…
Come disse l’arcivescovo di Cambrai, Fenelon, “Non vi è illusione più pericolosa delle fantasie con le quali l’uomo cerca di evitare l’illusione“. Invece di presupporre l’esistenza del confine primario e poi di procedere cercando di eliminarlo, cercheremo prima di tutto di cercare il confine stesso. E se veramente si tratta di un’illusione, non ne troveremo traccia. Potremmo poi riconoscere spontaneamente che ciò che credevamo ostacolasse la coscienza dell’unità, non è mai esistito. Come vedremo, tale intuizione è già un barlume della consapevolezza del non-confine.
Vediamo ora cosa significa esattamente cercare il confine primario; significa ricercare attentamente quella sensazione di essere un sé distinto, un essere separato che prova e percepisce, distinto dalle esperienze e dalle sensazioni. Intendo dire che se cerchiamo attentamente tale “sé” non lo troveremo; e poiché il sentirsi un sé isolato appare come l’ostacolo maggiore alla coscienza dell’unità, ricercarlo e non trovarlo vuol dire, allo stesso tempo, intravedere la coscienza dell’unità.
Notate cosa disse il gran saggio buddista Padmasambhava: “Se quando lo si cerca, il ricercatore non si trova, allora si è raggiunto lo scopo ricercato e il fine della ricerca stessa.”
(Da: “Oltre i Confini” di Ken Wilber)
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– https://it.wikipedia.org/wiki/Ken_Wilber
– Fonte