“Abbiamo idee e immagini del corpo, ma ovviamente il corpo non è un’idea né un’immagine e la nostra reale esperienza del corpo non corrisponde alle immagini che ne abbiamo. […]
Quando si vede che non esistono un corpo o un mondo come vengono normalmente concepiti, questo punto di vista immaginario svanisce e si instaura di nuovo l’unità dell’esperienza, si instaura di nuovo l’amore.
Ciò non significa che l’esperienza non sia reale. L’esperienza è assolutamente reale […]. Ciò che viene negato è l’interpretazione che il pensiero sovrappone all’esperienza […]. Il corpo come un oggetto separato e indipendente è un concetto che non trova riscontro nella reale esperienza […]
Con gli occhi chiusi, l’unica conoscenza che abbiamo del corpo è una sensazione fisica. Anzi, se non facciamo riferimento al pensiero o alla memoria, non abbiamo nemmeno la percezione di un ‘corpo’. Abbiamo solo una sensazione, a cui il pensiero applica l’etichetta ‘corpo’. […] Ma nemmeno questo è esatto: senza il pensiero non potremmo nemmeno definire la nostra esperienza una ‘sensazione’: è pura, intima esperienza priva di nome. […]
Seduti sulla vostra sedia, fate la reale esperienza del corpo. […] Entrate in questa sensazione. […]
L’esperienza diretta ci fa vedere chiaramente che non esistono né il corpo né la sedia. Nell’esperienza diretta c’è solo una sensazione. Corpo e sedia sono concetti astratti che il pensiero sovrappone all’esperienza. […]
Il pensiero non può andare al cuore dell’esperienza e ‘conoscerla’ come se fosse un oggetto esterno, perché l’esperienza è troppo intima […]. Solo l’io immaginario può farlo, ma esclusivamente nella sua immaginazione!
In realtà c’è semplicemente un puro e intimo sperimentare che non ha nome, fatto del suo stesso sperimentare, ovvero del sé, la presenza consapevole. […]
Entrate direttamente nella sensazione in questo preciso momento. Questa sensazione potrebbe essere simile a una piccola Via Lattea: un ammasso di puntini che fluttuano nello spazio vuoto. Infatti è essenzialmente spazio vuoto. […]
Lo spazio vuoto del nostro essere […] ama tutto ciò che tocca. È questo l’unico modo in cui può conoscere qualcosa, amandola […].
Il corpo è come un deposito in cui sono immagazzinati tutti i rifiuti, le ferite, le paure, i fallimenti e le amarezze, che rimangono anche dopo che il pensiero li ha dimenticati. Si sono stratificati nel corpo colonizzandolo a tal punto che, per molti di noi, il corpo è diventato una rigida rete di tensioni e contratture. Queste impediscono di vedere la naturale trasparenza e apertura del corpo, creando l’impressione che in esso risieda un io separato. […]
Ritorniamo alla sensazione e notiamo che, ogni volta che esercitiamo la pura contemplazione, la sensazione si libera da un altro strato di credenze che le sono state sovrapposte. La sua densità, compattezza, la storia e il senso dell’io si dissolvono e iniziamo a sperimentarla nella sua forma pura, nuda. Diventa vuota, aperta, trasparente e luminosa, e inizia ad assumere le qualità dello spazio consapevole del nostro essere in cui la sensazione appare.
Entrate sempre più a fondo nella reale esperienza del corpo. Non vogliamo cambiare niente, ma vederla nella sua realtà spogliando la nostra visione dagli strati di credenze. Notiamo che più che una sensazione è un sentire“.
– Dal testo di Rupert Spira, La presenza consapevole
– Rupert Spira in Italiano (facebook)
– Fonte