“La vera natura delle cose si manifesta ininterrottamente. Quando un cane abbaia […], è in atto la vera natura del cane. Il cane sta manifestando la natura di cane, come un bastone per terra manifesta la sua natura di bastone. Tutte le cose manifestano ininterrottamente la loro vera natura. Quando mai, guardando un albero, diciamo: «Quell’albero è sbagliato, non manifesta la sua vera natura»? Invece, guardiamo noi stessi e gli altri esseri umani e diciamo: «Non stiamo manifestando la nostra vera natura».
Perché? Perché, rispetto agli esseri umani, abbiamo determinate idee circa la santità, circa l’essere perfetti. Non capiamo che ogni essere umano manifesta sempre la sua vera natura, qualunque cosa stia facendo. È così semplice! Non potete fare altrimenti che manifestare la vostra vera natura di esseri umani. Eppure coltiviamo la stupida idea, il concetto dualistico che dobbiamo essere speciali, dobbiamo essere santi, dobbiamo essere perfetti per poter manifestare la nostra vera natura, ed ecco che ci diamo diligentemente da fare per diventare perfetti.
Finché seguiremo questo approccio dualistico, non diventeremo mai perfetti. […]
C’è una storia su un monaco che rastrella le foglie in un giardino giapponese. Né una foglia né un rametto sono fuori posto, eppure c’è qualcosa che non va. Lo sa, ma gli sfugge cosa. Continua a osservare il giardino, vedendo che semplicemente non è come dev’essere. Quando arriva il maestro, il monaco dice: «Ho lavorato ore e ore in giardino, ma non è ancora perfetto». Il maestro dà un’occhiata, si dirige verso un albero e lo scrolla. Alcune foglie cadono a terra. «Ah!», esclama il monaco. […]
Per anni mi ha dato fastidio il fatto che mia moglie criticasse e giudicasse gli altri. Non solo mia moglie, ma tutte le ragazze che avevo avuto mi sembravano molto critiche. Naturalmente, io non avevo mai proferito critiche e giudizi a quel modo! Finché, un giorno, lavorando a questo problema, compresi che avevo represso la mia parte giudicante. In quanto persona spirituale, in quanto monaco zen, ritenevo che non si dovesse giudicare gli altri, e così avevo rinnegato una parte di me. Quando la verità mi apparve, tutta l’energia trattenuta nei giudizi repressi si liberò di colpo. Alcune settimane dopo mia moglie mi disse: «Hai notato che sono meno critica?». Aveva ragione. Non aveva più bisogno di esprimere ciò che io reprimevo.
Se nei nostri rapporti, cogliamo nell’altro qualcosa che ci dà fastidio, dovremmo guardare come stiamo reprimendo la stessa cosa in noi stessi, come stiamo rinnegando quella parte di noi, rendendoci così incompleti. Negando o reprimendo delle parti, non possiamo sperimentarci nella nostra totalità. […]
Osservatevi per vedere che cosa state reprimendo”.
(Da: Se l’occhio non dorme – Dennis Genpo Merzel)
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