“Nessuno immagini che il guerriero non abbia delusioni. Anche se tende a non avere aspettative, quando si trova in situazioni ed in rapporti in cui viene colpito e ferito, sanguina come tutti. Sente la violenza che c’è dietro le parole che gli sono dette, coglie gli sguardi nascosti e le espressioni del viso che non riescono ad essere coperti dai sorrisi. Ma sa raccogliersi nella sua dignità e in un silenzio più assordante di ogni parola.
Vede che l’altro lo vorrebbe imprigionare nei suoi schemi di pensiero per sentirsi rassicurato, per tentare di possederlo. Gli uomini comuni hanno paura della libertà del guerriero e vogliono in ogni modo mettergli un collare ed un guinzaglio. Il guerriero li fa sentire diversi, a disagio, sbagliati. Ma i profani scacciano subito queste sensazioni e si dicono che è il modo del guerriero a non essere conforme. Vorrebbero condurlo alla «ragione», redimerlo dalla sua libertà così inquietante. Essi pensano: «Una persona così libera non ha freni, non ha regole, non ha valori, non si ferma di fronte a niente. Come si fa a controllarla?».
Non sanno che il guerriero ha una disciplina al posto delle regole. Ma la disciplina del guerriero si muove su altri valori, sulla mancanza di prigioni sentimentali, di finti doveri, di morali costruite per consolarsi dell’assenza di piacere e di gioia. Questa è la solitudine del guerriero. […]
Il guerriero incontra continuamente i suoi limiti perché li conosce e li vede nel momento in cui agisce. Tende all’armonia e alla semplicità, ma lungo è il cammino per realizzarla. Per questo egli è profondamente umano e può apparire ancora più fragile dei profani che, imprigionati dalle loro false sicurezze, mostrano una forza che non hanno.
Il guerriero si legge dentro e non è mai orgoglioso di sé. Non ostenta le sue vittorie perché conosce la verità su di sé: sa quanto la sua ombra sia persistente, sa che cadrà mille volte ancora […].
Non nasconde la sua debolezza, non se ne vergogna, perché non ha il mito del superuomo. […]
I profani scorazzano boriosi nella vita e si riempiono la bocca delle loro storie, convinti del loro fascino, ammaliati da loro stessi. […]
Il guerriero fa della paura uno strumento per apprendere. Essa lo mette di fronte ad una sua chiusura e lo costringe a guardare là dove non vorrebbe. Ogni paura è una contrazione del suo essere che lo separa dalla vita. In ogni paura è celato un movimento vitale che è stato rinnegato. […]
Egli compie l’azione, osservando la paura, e comprende da cosa realmente vuole fuggire.
Il corpo abbandona il vecchio atteggiamento di timore e scopre un nuovo movimento di fiducia, sostenuto dal flusso della vita. […]
Così a poco a poco il guerriero abbandona l’ignoranza che alimenta la paura e intesse reti di consapevolezza nel suo corpo e nel suo cuore. Ripete più volte l’azione temuta e diventa ogni volta più vivo.
I profani invece rinunciano e cambiano direzione. […]
Ogni paura è una piccola morte annidata nel corpo”.
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– Fonte