“- Ciò che cerca di mantenere la ‘tranquillità’ è ancora la mente?
– In realtà è il contrario: la pace, la tranquillità è sempre presente, finché la mente non si intromette. La comprensione riduce gradatamente le intrusioni della mente, e ci sembra che la tranquillità vada e venga. Ma non è così, perché la pace è la nostra vera natura. […]
L’intelletto crede che il coinvolgimento sia lo stato normale, mentre non lo è. […] Lottare contro l”io’, è appunto ciò che l”io’, la mente, vuole. Non si può lottare contro la mente. Non si può sopprimere l’io. Lottare, opporsi, controllare… sono azioni impossibili. Si deve applicare un’azione passiva, femminile: cedere alle cose, vederle così come sono. Laddove la natura della mente è di gettarsi su una cosa e poi subito su un’altra.
Invece di lottare, scopri chi vuole conoscere, chi lo sta facendo, chi ne ha bisogno. All’inizio è necessario porsi questa domanda. ma lo scopo non è trovare una risposta. A volere una risposta è sempre la mente che solleva un problema e cerca di risolverlo; è la mente che razionalizza, la mente che gira sempre all’interno del suo stesso coinvolgimento.
Scopo dell’autoesame è spezzare il coinvolgimento. Chi vuole conoscere? È una sorta di bastonata mentale. In realtà è solo l’intelletto che continua a creare problemi. E così viene troncato. Ramana Maharshi mette in chiaro che l’autoesame […] è la comprensione che non c’è nessuno che pone le domande. Al positivo, si può definire ‘testimoniare’. […]
– Non ho ancora capito cosa intendi con ‘testimoniare’.
– È molto semplice. Il testimoniare fluisce di continuo. Quando, ad esempio, guardi fuori della finestra, stai testimoniando. Poi l’attenzione è attratta da un oggetto, da una persona, e pensi: «Interessante». Oppure: «Bello, brutto…». Allora il flusso del testimoniare si interrompe. È come se fermassi un film per esaminare un fotogramma. Questo è il coinvolgimento che spezza il processo. Il testimoniare fluisce di continuo finché non viene interrotto dall’intrusione della mente.
– Come si recupera il testimoniare se è iniziato il coinvolgimento?
– Sapendo che l’intrusione della mente è un fatto naturale, che deve avvenire, questa stessa comprensione instaura di nuovo il testimoniare.
Se nasce il problema: «Ah, adesso devo testimoniare. Come faccio?», è ancora la mente. Il punto fondamentale del testimoniare è l’assenza di ‘io’. […] Non ci può essere un ‘io’ che testimonia. Nel testimoniare non ci sono pensieri come: «Non avrei dovuto farmi coinvolgere», non ci sono raffronti o paragoni. L’assenza di giudizi e paragoni è il criterio della vera testimonianza. I pensieri, semplicemente testimoniati, sono recisi per il semplice motivo che non scattano confronti, giudizi o scelte”.
– Da: La coscienza parla – Ramesh Balsekar
– Ramesh Balsekar su Macrolibrarsi.it
– Ramesh Balsekar – Amazon
– https://en.wikipedia.org/wiki/Ramesh_Balsekar
– Fonte