A Tokyo, nell’era Meiji, vivevano due illustri insegnanti molto diversi tra loro. L’uno Unsho, istruttore a Shingon, osservava scrupolosamente i precetti di Buddha. Non beveva mai alcolici, e non mangiava mai dopo le undici del mattino. L’altro insegnante, Tanzan, professore di filosofia all’università imperiale, non osservava nessun precetto. Quando aveva voglia di mangiare mangiava, e quando aveva voglia di dormire durante il giorno dormiva.
Un giorno Unsho fece visita a Tanzan e lo trovò che stava bevendo del vino, che un Buddhista non dovrebbe mai nemmeno assaggiare.
«Salve, fratello» lo salutò Tanzan. «Ne vuoi un bicchiere?».
«Io non bevo mai!» esclamò Unsho solennemente.
«Chi non beve non è neanche umano» disse Tanzan.
«Vorresti dire che sono inumano solo perché non mi concedo bevande alcoliche!» proruppe Unsho incollerito. «Se non sono umano, allora, che cosa sono?».
«Un Buddha» rispose Tanzan.
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Commento:
Quando Unsho – semi-incollerito o, forse, un po’ ironico – chiese a Tanzan – che l’accusava di non essere umano per via della sua eccessiva osservanza dei precetti – cosa dunque fosse, quegli rispose senza batter ciglio: «Un Buddha». Che significa, era forse sarcasmo? Di primo acchito sembrerebbe quasi un complimento. Tuttavia, spiegarlo tradirebbe lo spirito del racconto che, in realtà, intende – anche se solo per qualche attimo – stupire, lasciare perplessi, senza parole, senza pensieri; intende creare una pausa. Quindi, come potrei, seppur con un semplice commento, offrire una qualche interpretazione? Per quanto mi riguarda sono rimasto basito, come un Buddha, ma una statua, di pietra … 🙂
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– 101 Storie Zen – Nyogen Senzaki A cura di Nyogen Senzaki, Paul Reps
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