L’attenzione consiste nel sospendere il proprio pensiero, nel lasciarlo disponibile, vuoto e permeabile all’oggetto […]. Il pensiero deve essere vuoto, in attesa, non deve cercare alcunché, ma essere pronto ad accogliere nella sua nuda verità l’oggetto che sta per penetrarvi.
Gli spropositi di una versione [di latino], le assurdità nella risoluzione di un problema di geometria, le goffaggini stilistiche e la mancanza di coerenza logica nei compiti di francese, tutto questo deriva dalla fretta con cui il pensiero si è precipitato su qualcosa: ed essendosi così colmato prematuramente, non è stato piu’ disponibile per la verità. La causa risiede sempre nel voler essere attivi, nella volontà di cercare. Per verificarlo basta andare alla radice di ogni errore […]. I beni più preziosi non devono esser cercati, bensì attesi.
Molto spesso l’attenzione viene confusa con una sorta di sforzo muscolare. Quando si dice agli allievi: “Ora state attenti”, li si vede corrugare le sopracciglia, trattenere il respiro, contrarre i muscoli. […]
Venti minuti di attenzione intensa e senza fatica valgono infinitamente più di tre ore d’applicazione con la fronte corrugata, che fanno dire, con la sensazione di aver fatto il proprio dovere: Ho lavorato sodo.
Ma, al di là delle apparenze, è molto più difficile. Nella nostra anima c’è qualcosa che ripugna la vera attenzione molto più violentemente di quanto alla carne ripugni la fatica. […] Ecco perché ogni volta che si presta veramente attenzione si distrugge un po’ di male in se’ stessi. Un quarto d’ora di attenzione così orientata ha lo stesso valore di molte opere buone.
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