“Vorrei sottoporvi una serie di domande che riguardano situazioni spiacevoli. […] Questi esempi ci forniranno qualche barlume, che a sua volta ci consentirà di capire meglio che cosa sia la pratica (zen – ndr). Ecco le domande:
Se mi dicessero: «Joko, domani è il tuo ultimo giorno di vita», sarebbe perfetto? E se lo dicessero a voi, sarebbe perfetto? […]
Io non sono in grado di rispondere sì a nessuna domanda e, se siete sinceri, nemmeno voi. Invece, rispondere: «Sì, è perfetto», equivale allo stato illuminato. Ma capiamoci bene. ‘È perfetto’ non significa che non grido, non protesto, non piango o non provo odio per la situazione. […] ‘È perfetto’ non significa avere trovato la cosa che cercavo perché mi facesse contento. E allora? Cos’è lo stato illuminato? È la non separazione tra me e la mia vita, qualunque essa sia. […]
Il punto è essere d’accordo con tutte le situazioni che la vita presenta. Non è cieca accettazione; non significa che, se siete malati, non vi curate. Ma, davanti a una cosa inevitabile, c’è ben poco da fare. Allora, è perfetto? […]
Questo è lo stato illuminato: abbracciare qualunque situazione, bella o brutta che sia. Non parlo di diventare santi, parlo dello stato […] in cui tutto è perfetto. Facciamo l’esempio della morte. A volte ci chiediamo come moriremo, ma non importa morire coraggiosamente quanto non avere bisogno di morire coraggiosamente. […] Atteggiamento davvero notevole: non imparare a ‘tollerare’ le situazioni ma imparare a non aver bisogno di nessun atteggiamento specifico al loro riguardo.
La maggior parte delle psicoterapie mira ad adattare i miei desideri e bisogni ai vostri desideri e bisogni, per favorire la pace reciproca. Ma se io non avessi nessuna obiezione verso i miei desideri, né naturalmente verso i vostri, se tutto fosse perfetto così com’è, cosa resta da rappacificare? […] Una persona che dicesse sì a tutto […] non avrebbe niente di strano, e diffonderebbe molta pace attorno a sé. Una persona che pensa poco a se stessa, disposta a essere com’è e a lasciare che anche il resto sia come sia, è davvero una persona che ama. […]
Vorrei che consideraste da quale base si può rispondere a ogni situazione: «È perfetto. Non ho lagnanze da fare». Non significa non essere mai turbati, ma che c’è una base su cui la vita poggia e che vi fa dire: «È perfetto» a tutto. La pratica (che lo sappiate o no, che lo vogliate sapere o no) è scoprire questa base, che vi farà dire in ogni circostanza: «È perfetto». […]
Un modo per valutare la pratica è vedere se la vita diventa più perfetta per noi. […] Una cosa è perfetta quando accettiamo di starci assieme: accettiamo la nostra protesta, la lotta, la confusione, il fatto che le cose non vanno come vorremmo. Significa disponibilità perché tutto ciò continui: dolore, lotta e confusione. In un certo senso, è ciò che facciamo nelle sesshin. Sedendo, si forma lentamente la comprensione: «C’è questa cosa che non mi piace, vorrei scappare via eppure, in qualche modo, è perfetto così». La comprensione si estende. […] Chi pratica ama profondamente la vita, come Zorba il Greco. Non aspettandoci niente dalla vita, ne possiamo godere. Davanti a situazioni che per altri sono irrimediabili, lottiamo e ci affanniamo, ma le godiamo perché sono la vita. È perfetto così. […]
Si sviluppano la comprensione e l’apprezzamento della perfezione di ogni momento: del dolore alle ginocchia o alla schiena, del prurito al naso, del sudore. Cresce la capacità di dire: «Sì, è perfetto». Il miracolo del sedere in zazen è il miracolo dell’apprezzamento. […]
Di cosa abbiamo bisogno per vivere una vita pacificata e fattiva? Abbiamo bisogno della capacità (che impariamo lentamente e di mala voglia) di essere la nostra vita così com’è. In genere non sono disposta a farlo, e immagino che neppure voi lo siate. Ma siamo qui per imparare proprio questo.
Sorprendentemente, impariamo davvero. Quasi tutti, dopo una sesshin, sono contenti. Forse perché è finita, ma non solo per questo. Dopo una sesshin, camminare semplicemente per la strada è una cosa magnifica. Prima non lo era, ma dopo lo è. È una disposizione d’animo che non dura a lungo. Tre giorni dopo siamo già in caccia della prossima soluzione, eppure abbiamo imparato qualcosa sull’inutilità di questa ricerca. Più abbiamo sperimentato la perfezione della vita in tutti i suoi aspetti, meno siamo invogliati a sostituirla con una ricerca illusoria della perfezione” (pp. 90-93).
Charlotte Joko Beck
– Da: Charlotte Joko Beck, “Zen quotidiano”
– Charlotte Joko Beck – Macrolibrarsi
– Charlotte Joko Beck – Amazon
– https://en.wikipedia.org/wiki/Joko_Beck
– Fonte lameditazionecomevia.it
Commento: “In realtà credo si tratti di una sensazione di accettazione. Ovviamente non è condiscendenza vera e propria. Tanomeno la consapevolezza della relativa ineluttabilità di certe situazioni. Semmai è ciò che si prova quando le tessere del puzzle della vita si sistemano da sé, ossia quando il rilassamento che comporta la meditazione crea un ordine spontaneo.”