Shakyamuni non si rivolgeva mai alle persone in modo autoritario. Sapeva accordare con sensibilità il suo cuore alle emozioni di chi lo ascoltava e ovunque predicasse esponeva liberamente la Legge con grande flessibilita’, in modo che corrispondesse alle capacita’ di coloro ai quali si rivolgeva.
Un giorno, mentre si trovava a Shravasti, incontro’ una madre a cui era morto l’amato figlioletto; la donna vagava sconvolta per la citta’ con il cadaverino del figlio stretto al seno.
“Datemi una medicina per salvare il mio bimbo!” imploro’ disperata con gli occhi rossi di pianto, rivolta a Shakyamuni; questi, resosi conto della situazione, le disse : “Va bene, preparero’ questa medicina per te. Tu ora vai in citta’ e portami dei semi di papavero” Gli occhi della madre si accesero di speranza. “Pero'” aggiunse, Shakyamuni ponendo una condizione “devi farteli dare da una famiglia dove non e’ mai morto nessuno”.
La madre si precipito’ in citta’ e busso’ di porta in porta. Ma, benche’ alcuni avessero in casa dei semi di papavero, non c’era nessuna famiglia che non avesse avuto morti in casa. La donna sconvolta dal dolore prese gradualmente coscienza che in fondo al cuore di ogni famiglia giaceva, quietamente riposta, la tristezza di aver perduto una persona amata. Tramite questa esperienza le venne trasmesso il principio di impermanenza insito nella vita, cosi’ che comprese di non essere la sola a soffrire quella pena.
La donna divento’ una seguace di Shakyamuni e successivamente venne riverita come una saggia.
Sarebbe stato impossibile consolarla con le parole che comunemente vengono usate in queste occasioni, visto che era quasi folle per il dolore e lo sgomento. Egli aveva considerato acutamente le situazione e aveva escogitato lo stratagemma descritto. Era un brillante medico della vita, capace di rivitalizzare i cuori feriti della gente.
Uno dei suoi discepoli aveva una certa inclinazione a porre domande di tipo filosofico del genere: “Il mondo e’ finito o infinito?”, “Lo spirito e il corpo sono separati o no?”, Shakyamuni non prestava molta attenzione a queste domande, ben sapendo che i problemi della vita non potevano essere risolti da una speculazione filosofica lontana dalla realta’ di tutti i giorni. Questo atteggiamento irritava il discepolo, che adorava questo genere di conversazioni intellettuali. Un giorno si alzo’ in piedi e dette voce alla sua insoddisfazione dicendo “Onorato dal mondo, se continuate a rifiutarvi di rispondere alle mie domande abbandonero’ l’ordine Buddista.”
Al che Shakyamuni replico’ con aria di biasimo : “C’era una volta un uomo che fu colpito da una freccia avvelenata e cadde a terra agonizzante. I suoi cari e i suoi amici accorsero al suo fianco e cercarono di estrarre la freccia onde curargli la ferita. “Chi ha scagliato la freccia?” chiedeva e “Qual’e’ il suo nome?” e ancora : “Che aspetto ha?” Insisteva. Pretendeva che nessuno estraesse il dardo e gli somministrasse il medicamento fintanto che non avesse ricevuto risposta a queste domande. Poi volle informarsi circa il tipo di freccia che lo aveva colpito, di quale materiale fosse fatta e cosi’ via finche alla fine mori’.
“Anche tu, non c’e’ dubbio, perirai senza aver raggiunto alcunche’ proclamando fino al tuo ultimo respiro che non farai progressi nella tua pratica fintanto che non verrai a sapere se il mondo e’ finito o infinito”.
– Da : ‘La nuova rivoluzione umana’ di Daisaku Ikeda
– Daisaku Ikeda – Macrolibrarsi
– Daisaku Ikeda – Amazon
– Fonte web: http://it.groups.yahoo.com/group/lista_sadhana