“La coscienza si trova in uno stato di conflitto interiore. Una parte di essa desidera ardentemente lasciar andare, per il semplice motivo che questa rinuncia risponde alla Verità. Un’altra parte della coscienza, tuttavia, sta ancora trattenendo qualcosa […]; crede ancora che vi sia qualche vantaggio nel rimanere aggrappata […]. Ha riposto qualche speranza nelle cose a cui si aggrappa ancora: la speranza che, un giorno, riuscirà a ottenere quello che cerca, a colmare le proprie aspettative.
Non appena quella parte della coscienza che continua ad aggrapparsi diventa onesta, comincia anche a vedere che il suo agire è dettato da una modalità inautentica dell’essere. […] E nel preciso istante in cui comincia a mollare, quando smette di avere bisogno di aggrapparsi e malgrado ciò si sente a suo agio, […] aprendosi e rilassandosi, allora il conflitto interiore cessa. […]
Se hai qualche difficoltà ad arrenderti, significa che una parte di te non vuole farlo. Quando quella parte di te diventa onesta, istintivamente, per propria natura, senza nessuno sforzo, mollerà la presa, e lo farà con amore. […]
È quando la coscienza è disonesta che si sente il bisogno di qualche linea di condotta: delle norme, delle indicazioni sulle cose giuste e sbagliate da fare, su cosa sia meglio fare. È allora che la coscienza diventa dogmatica, testarda. Diventi presuntuoso, critico, diventi un «qualcuno» che ha qualcosa. […]
Il «lavoro spirituale» è una menzogna. Se togli la maschera al «lavoro spirituale», dietro ci sta «cosa otterrò da questo lavoro? Voglio questa cosa e la voglio a modo mio». Compiere un «lavoro spirituale» altro non è che una fondamentale non accettazione delle cose così come sono adesso, nel presente. […]
Qualsiasi «lavoro spirituale», se non vi sono onestà assoluta e resa totale, non è altro che una menzogna. È il nucleo stesso della distrazione: distrazione dalla resa, a favore di qualche forma di conseguimento personale. Rivela il tuo bisogno di essere un «qualcuno» che possegga «qualcosa». […]
Una coscienza che si abbandona senza condizioni all’apertura e all’onestà, che ammette che l’integrità di quello che è vero rappresenti il valore supremo – questa è una coscienza viva, che fluisce naturalmente. […] Invece, essere «spirituali» è solo un modo sofisticato di rubare […]. E se vi fossero soltanto onestà e resa, ci sarebbe soltanto un fluire spontaneo, proveniente dal nucleo più profondo […]. Qualsiasi cosa, non appena fosse sfiorata da questo flusso, verrebbe guarita, verrebbe riportata alla vita. Eppure non vi sarebbe nessun programma da seguire. E nulla di tutto questo accadrebbe per qualche ragione particolare. Sarebbe solo e semplicemente un flusso di Verità che proviene dall’intimo più profondo. Senza alcuno sforzo” (pp. 36-42).
– Da: John de Ruiter – La realtà senza veli. L’amore per il vero essere – Amazon
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