Dzogchen: La grande perfezione della luminosità – Kh. Palden Sherab e Kh. Tsewang Dongyal – Introduzione di Joan Kaye.
Lo Dzogchen è la quintessenza di tutti gli insegnamenti di Buddha Shakyamuni. In sanscrito è chiamato Ati-yoga o Maha-sandhi. Questo è il nono dei nove yoga e il più elevato di tutti, il veicolo che completa la sequenza degli insegnamenti. Dzogchen è la parola tibetana che significa grande perfezione o grande completezza.
Nulla da afferrare
Al principio lo Dzogchen può sembrare difficile da afferrare, ma questo accade esattamente perché non può essere afferrato come un qualsiasi concetto dell’intelletto. Non si può afferrare lo Dzogchen, perché lo stato naturale della mente – la consapevolezza intrinseca – è esperienza diretta non mediata. Rilassata e spontaneamente aperta, la consapevolezza naturale è fluida e abbraccia ogni cosa. Questa è un’esperienza molto diversa da quella di un concetto. L’afferrare implica un certo grado di attaccamento e la mente adora aggrapparsi ai pensieri. Tutti i pensieri sono dualistici per loro stessa natura. Per esempio, se diciamo: “Questo è buono” diamo per scontato che qualcos’altro non lo sia, quindi i concetti sono dualistici per loro stessa natura.
Aspetto vuoto della mente
Poiché la mente governa la nostra esperienza, è importante conoscere le caratteristiche della nostra mente. La mente è una grande vacuità. Una sua caratteristica è quella di essere simile a uno specchio, nel senso che ha la funzione di riflettere e mostrare. Come la luce, si irradia in ogni direzione. La natura della mente è chiarezza, consapevolezza luminosa. La base stessa della mente è già illuminata per sua stessa natura.
Rigpa
Quando la mente rivela la propria chiarezza o luminosità, sorge l’energia della consapevolezza. Questa è ciò che chiamiamo Rigpa. Rilassandoci in questo gioco di energia consapevole, la nostra comprensione si espande e la nostra compassione si accresce in modo naturale. La consapevolezza in uno stato di pura e totale presenza viene chiamata Rigpa. Rigpa è una parola molto speciale nello Dzogchen: implica la presenza di uno stato risvegliato, dinamico e al tempo stesso rilassato, che si irradia dentro e fuori di noi come intelligente energia di saggezza.
L’Ati-yoga o Dzogchen è lo yoga più elevato perché non manca di nulla. La consapevolezza sottende ogni esperienza che facciamo. Questa consapevolezza intrinseca (auto-originata) è naturalmente presente; costituisce la base/fondamento dell’esperienza che è pura presenza unificatrice, prima del sorgere di qualsiasi dualità. La consapevolezza (Rigpa) rende ogni esperienza completa senza alcuno sforzo, e sorge spontaneamente. È incessante e incondizionata; è immateriale, la sua natura è totale trasparenza. La “consapevolezza trasparente” (tib. Sang Tal Le) penetra direttamente nell’esperienza, con perfetta chiarezza e non distorta da forme o concetti. In questo senso possiamo dire che l’esperienza diretta, in quanto tale, è trasparente. L’immediatezza trasparente della mente – che è il suo stato naturale – è unificante, intuitiva e non duale. Questa consapevolezza risvegliata è il Rigpa.
Lo scopo della pratica
Esiste un beneficio incalcolabile nel realizzare la nostra Vera Natura. Difficoltà e sacrifici sono inesistenti, poiché la nostra spontaneità interiore, non nata e incessante, è gioiosa e a proprio agio. Sono queste le caratteristiche supreme che fanno dello Dzogchen la “Grande Perfezione della Luminosità” (tib. Ösel Dzogpa Chenpo).
Il testo di Khenpo Palden Sherab e Khenpo Tsewang Dongyal
Tutti gli aspetti del Dharma sono racchiusi nell’insegnamento più elevato di Buddha Shakyamuni, lo Dzogchen. Si potrebbe pensare che lo Dzogchen possa essere realizzato semplicemente leggendo libri di Dzogchen. Come adesso comprendete, lo Dzogchen non è affatto simile a tutti gli altri insegnamenti, poiché non è basato sulla comprensione intellettuale: richiede infatti l’esperienza diretta, immediata. Si può dire che lo Dzogchen, la Grande Perfezione della Luminosità, è in sé e per sé una realizzazione spirituale, non una comprensione intellettuale.
Le benedizioni del lignaggio, la devozione e la sincera aspirazione conducono all’illuminazione. I grandi maestri del passato hanno usato innumerevoli metafore per descrivere questo processo, come ad esempio piantare un buon seme nel giardino. Per avere un risultato soddisfacente occorrono un buon seme, una buona terra, abbastanza acqua e condizioni favorevoli per la crescita della pianta. Altrimenti perfino un buon seme non sarà capace di produrre un risultato soddisfacente. Altri maestri hanno usato, a mo’ di esempio, il latte del leone delle nevi. Si dice che questo inacidisca immediatamente, a meno che non sia conservato in un recipiente d’oro. Non solo occorre un recipiente d’oro, ma questo dev’essere lavato molto accuratamente e dev’essere perfettamente pulito. L’insegnamento Dzogchen è come il latte del leone delle nevi: abbiamo bisogno di pulire il recipiente d’oro molto bene, per poter ricevere questo latte.
Sul Sentiero ci sono due pratiche di accumulazione: L’accumulazione di meriti e l’accumulazione di saggezza. Il Buddha futuro, Maitreya, nel suo più famoso insegnamento (Mahayanasutralankara) ha spiegato che il primo livello spirituale, chiamato Bhumi in sanscrito, può essere realizzato dal praticante attraverso i meriti e la saggezza. Ci sono due risultati: il Dharmakaya e il Rupakaya. Corrispondono rispettivamente alla saggezza che realizza il significato assoluto della vacuità e alla saggezza che realizza il significato relativo della compassione.
Il primo tipo di saggezza è al di là di qualsiasi attività di corpo, parola e mente; lo si realizza mantenendo la mente nello stato assoluto della saggezza trascendente, la Prajnaparamita.
Il secondo tipo di saggezza, la verità relativa della compassione, si realizza attraverso attività benefiche come la generosità, la condotta etica, la pazienza, l’applicazione gioiosa, la concentrazione e la saggezza. Queste sono dette le Sei Paramita, o Sei Perfezioni, e costituiscono l’unica base per la realizzazione dello Dzogchen; qualsiasi altra scorciatoia sarebbe un autoinganno. Attraverso la devozione e mantenendo gli impegni spirituali (Samaya), si ottiene la realizzazione senza alcuna ombra di dubbio. Anche se non siete realizzati oggi, lo sarete senza dubbio domani. Se non avevate realizzazione ieri, diventerete realizzati oggi. Anche se non vi aspettate assolutamente la realizzazione né la cercate, arriverà in qualsiasi caso. Questo è il primo punto.
Il secondo punto da comprendere, è che si possono usare metodi spirituali specifici. Lo Dzogchen possiede due speciali tecniche, che ne costituiscono le pratiche principali: il trekchö e il tögal. Non crediate che non serve praticare in assoluto! Potete aver sentito che non c’è meditazione e non ci sono visualizzazioni: forse non rimane che mangiare e bere in libertà? Ma ricordate, il punto di vista assoluto è solo un lato della medaglia dello Dzogchen. L’assoluto è perfettamente puro fin dal principio e, da questo punto di vista, gli oggetti materiali non esistono. Questo non lo dice soltanto lo Dzogchen. Anche nel Mahayana, il Sutra del Cuore dice: “Non esiste forma, non esiste occhio, non esiste orecchio?”. Al tempo stesso, questo non è uno stato di completo vuoto: il livello assoluto contiene la presenza spontanea (tib. Lhundrup) e si trova ovunque in modo naturale. La tecnica utilizzata in questa fase si chiama “troncare di netto la rigidità” (tib. Trekchö). In questa pratica si recide il continuum del pensiero discorsivo.
Lo Dzogchen si applica anche all’aspetto della realtà relativa. L’intrinseca luminosità della mente sorge in una speciale sequenza di visioni. Questa tecnica si chiama “attraversamento diretto” (tib. Tögal). Le pratiche del Tögal sono pratiche di luce.
(Da: “Lion’s Gaze”, Ven. Khenchen Palden Sherab Rinpoche e Ven. Khenchen Tsewang Dongyal Rinpoche. Scelto e tradotto da Italo Cillo.)
– Da: http://www.vajrayana.it
– BUDDHISMO & MEDITAZIONE –
– Buddhismo & Meditazione – Amazon
– MEDITAZIONE –
– Meditazione su Amazon.it
– Libri sulla meditazione – Mcrolibrarsi.it