“Un brahmacharya non raggiunge il silenzio reale abbandonando volontariamente le funzioni naturali del corpo, ma prendendo nota di ogni azione meccanica, affinché nessuna energia venga sprecata. […] L’importante è arrivare a vedere come funzionate. […]
Lei vive per la maggior parte del tempo nell’associazione di idee e nell’interpretazione. Quando vede questo con chiarezza, non è più complice del meccanismo e l’energia spesa diminuisce. Il pensiero diventa meno concreto e lei sente quel che resta come un’energia sottile, una sorta di vibrazione. […] Nella sua osservazione anche questa vibrazione, alla lunga, si ridurrà. Ci sarà allora un transfert improvviso dell’accento dall’osservazione in quanto percezione all’osservazione in quanto essere. L’osservato, essendo energia fissata, si dissolve nell’osservazione […]. Lei ha l’impressione che l’osservazione perda la sua localizzazione e si dilati allora in uno spazio senza centro né periferia. In questo vuoto, questo non-stato, tutti gli stati appaiono e scompaiono. […]
Una ricerca profonda conduce alla contemplazione […]. Votandosi alla contemplazione ci si può accordare con la coscienza, con la luce che costituisce tutti i fenomeni. Questa luce è la nostra intrinseca natura. Il nostro essere è sempre radioso. La nostra natura reale è apertura, ascolto, liberazione, abbandono senza produzione o volizione. […] La contemplazione è un’accoglienza libera da ogni proiezione e da ogni attesa. Essa è senza domanda e formulazione. Invita l’oggetto a scelarsi in voi e vi rivela la sua apertura. Vive con questa apertura. Con questa vastità. […] È l’amore. […]
La meditazione è eterna e continua […]. Nella meditazione non c’è un centro di riferimento né di ripetizione. È una costante posizione interiore di tranquillità. […]
D. Che cos’è l’illuminazione?
R. L’intuizione istantanea che la convince che non c’è niente e nessuno da illuminare.
D. Come posso avvicinarmi ad essa?
R. Ogni passo intrapreso per avvicinarsi, allontana. «È più vicino che raccogliere un fiore». Siate soltanto consapevoli della vostra reticenza nell’abbandonare la volontà di produrre. Questo intervento vi allontana dalla corrente naturale della vita. Sentitevi in questa consapevolezza, in questa coscienza. Dimorate in lei e sarete presi da lei. Sarete in una nuova dimensione, in un’espansione obbiettiva senza riferimento. È un momento di stupore, assolutamente senza causa. […]
Veda da dove provengono le sue domande. Veda che esse vengono dall’insicurezza, dall’agitazione e dalla paura. Osservi che la sua formulazione è una fuga di fronte alla necessità di confrontarsi con questi fatti. Le domande che non sorgono dall’istante stesso… le domande che cercate… non sono appropriate a queste circostanze. Le sole domande appropriate sono quelle che vengono spontaneamente guardando i fatti, la vostra situazione reale di dubbio, di agitazione, insicurezza, gelosia, odio, invidia, ecc.
Siete abituati a risposte fatte sul piano verbale, e volete che io vi dia quelle risposte. […] Le vere domande nascono dalla risposta stessa, perché far fronte alla situazione è la risposta. […]
La vera risposta […] riposa nella domanda aperta. […] Viva con la sua vera domanda, non se ne allontani. Aprendosi ad essa, la domanda si dispiega in lei. Trovandosi nell’apertura, arriva alla risposta vivente” (pp. 112-114, 126-131).
– Da: Chi sono io? di Jean Klein
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