Spiritualità non si contrappone a fisicità. Non si tratta di realtà separate, ma della medesima verità che si manifesta in due modi differenti. La ricerca spirituale segue la soddisfazione fisica e non la precede.
«La fame è il peggior malanno, le fabbricazioni mentali la peggiore sventura: per colui che comprende questa verità così com’è, la liberazione è la felicità suprema.» (Dhammapada, 203)
Alla ricerca del toro
Antefatto: Una volta il Buddha, con un gran seguito di discepoli, si recò nella città di Âlavi, invitato a pranzo da alcuni notabili. Tra gli abitanti di quella città c’era anche un povero contadino cui, proprio quel giorno, era scappato un toro, suo unico bene. Riflettendo sul da farsi, il contadino decise d’andare ad ascoltare il discorso del Buddha solo dopo aver recuperato il toro sperdutosi nella foresta. E così fece. Ma la cerca del toro andò per le lunghe. Nel frattempo, sulla piazza di Âlavi, dov’era stata imbandita la mensa per il maestro e il suo seguito, il Buddha annunciò che non avrebbe toccato cibo finché non fosse tornato quel pover’uomo andato nella foresta in cerca del toro. Il contadino, infine, trovò il toro solo poco prima che facesse notte, perciò, sulla via del ritorno, decise di andare subito in piazza, senza passare prima per casa, nella speranza che il Buddha non se ne fosse ancora andato e potergli così rendere omaggio. E, infatti, il Buddha era ancora là ad aspettarlo. Quando lo vide arrivare stanco e affamato, il maestro, per prima cosa, chiese che gli venisse dato da mangiare. Ciò provocò un certo mormorio tra i presenti, perché era cosa inaudita e molto sconveniente che un asceta chiedesse da mangiare, sia pure per qualcun altro. Il Buddha s’accorse del brusio e disse: «Quest’uomo ha vagato per la foresta tutto il giorno, è stanco ed affamato. Se gli parlassi ora, senza che venisse dato sollievo alla sua fame, egli non sarebbe in grado di seguire il discorso. Perciò è meglio che prima mangi, e poi ascolti il Dhamma». E aggiunse la strofa del Dhammapada sopra citata. E così avvenne che quel contadino, dopo aver mangiato, ascoltando il Dhamma, riuscì a prestare la dovuta attenzione e fu stabilito così nel primo grado di riveglio, divenendo un sotâpanna.
Nota: in pali «sotâpanna». Così vien detto chi consegue il primo grado di risveglio (sotâpatti), caratterizzato, appunto, dalla scomparsa di tre appigli: credenza nell’io, dubbio e attaccamento a regole e riti. La «risalita» allude al fatto che, secondo la dottrina buddista, un sotâpanna, in virtù dell’estinzione dei suddetti vincoli, non è più soggetto a rinascita negli inferi, ma destinato a conseguire il pieno risveglio, dopo essere rinato tra gli dèi superi e tra gli esseri umani sette volte al massimo (sattakkhattu-parama).
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