Mauna (pron. muna) è, in sanscrito, il voto di silenzio. È anche il nome del 15mo giorno della fase lunare calante del mese di Phalguna (febbraio-marzo) in cui, tradizionalmente, una certa abluzione rituale veniva eseguita in silenzio. Muni è il nome dato ancor oggi agli asceti induisti che osservano il voto di silenzio.
«Votato al silenzio» è perciò la traduzione letterale di muni. Ma ai tempi del Buddha la parola era già entrata nel linguaggio corrente come sinonimo di «saggio realizzato». Nei racconti popolari si fa spesso riferimento ai rishi («quelli che hanno udito» i Veda mentre erano assorti in profonda meditazione) e ai muni, nel senso di saggi realizzati. Il Buddha, in ogni caso, spesso rimaneva in silenzio di fronte alle domande che implicavano questioni metafisiche. Un silenzio che non significava assenso né diniego, ma che esprimeva l’impossibilità di dare una risposta verbale soddisfacente.
Nella meditazione: «In India e nelle altre zone dell’est asiatico il mauna rappresentava la parte essenziale della meditazione, o meglio del Dhyana, disciplina yogica meditativa basata sul “silenzio interiore”.
Lo stato della persona in “mauna” è uno stato di pace, chiaro, cosciente e quindi anche trascendente il normale mentale; lo stato di pace così esperito si chiama “shantim”.»