Il buddismo gode di una buona reputazione, grazie alla sua storia e grazie, anche, ai numerosi maestri buddisti contemporanei che l’hanno divulgato in Occidente sottolineandone le caratteristiche di tolleranza, universalità, non dogmatismo e, soprattutto, di grande profondità spirituale. Mi sembra perciò abbastanza comprensibile che molti mercanti del tempio si professino o si riscoprano buddisti per dare una patina di rispettabilità ai loro affari.
In realtà il reiki non ha nulla a che fare col buddismo. Mikao Usui era shintoista e il corso di Isyo Guo in seguito al quale si ritrovò «potenziato» è, in realtà, il tradizionale ritiro shintoista di ventun giorni che comprende, oltre al digiuno, alla preghiera, alla recitazione di inni anche il bagno sotto una cascata lasciando che l’acqua colpisca con forza la sommità del capo e fluisca su tutto il corpo perché si crede che tale pratica favorisca l’apertura del chakra Sahasrara, situato sulla cima della testa.
Il reiki, dopo essere stato portato alle Hawaii da Mrs Takata, divenne, negli anni ’70, un multilevel marketing a opera dei suoi seguaci, che crearono un’efficiente rete commerciale. Ma che cosa vendono? Dopo aver convinto gli acquirenti che con una cerimonia di iniziazione è possibile aprire il chakra della fontanella (e che solo loro sanno come fare) vendono la convinzione di potersi autoguarire e di guarire gli altri a un prezzo variabile …
Sicuramente più conveniente che stare 21 giorni a digiuno sotto una cascata.
(Tratto da un messaggio di "Risveglio", gruppo di discussione e condivisione sulla pratica della consapevolezza, in data "Gio 6 Gen 2007")
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