Joriki è il potere o la forza che sorge quando la mente è stata unificata e portata in Zazen alla concentrazione su un-unico-punto. Questo è più che la mera capacità di concentrarsi nel senso comune del termine. Si tratta di un potere dinamico che, una volta stabilizzato, ci consente anche nelle situazioni più improvvise e inaspettate di agire in un modo immediato, senza dover riunire lo spirito, e in modo del tutto adeguato alle circostanze. Uno che ha sviluppato Joriki (con la meditazione – NdR) non è più schiavo delle passioni, e non è più alla mercè delle situazioni ambientali. Una simile persona ha sempre il comando sia di se stesso che delle circostanze della sua vita, ed è in grado di muoversi con perfetta libertà ed equanimità. Inoltre, attraverso Joriki è possibile coltivare alcuni poteri supernormali, come pure lo stato in cui la mente diventa chiara come l’acqua immobile.
Il Maestro Zen Yasutani Hakuun Roshi ha fatto riferimento a questo potere di concentrazione (Joriki) dicendo: – “Esso è un potere dinamico che anche nelle più improvvise e inaspettate situazioni ci rende capaci di agire istantaneamente, senza bisogno di raccogliere il nostro spirito, e in modo del tutto pertinente alle circostanze”.
La parola giapponese Joriki incorpora la radice ‘ki’, (cinese – Chi) che si traduce approssimativamente come una sorta di energia spirituale. Il ‘Ki’, questo flusso di energia, fu scoperto molto tempo fa. Lao Tzu ne parlò a lungo ancor prima che il Buddismo arrivasse in Cina. Nel Taoismo quindi si parla di ki. Mo Tzu, uno dei primi Taoisti disse, “Il ‘ki’, o energia, è ciò che riempie il corpo. Così, il vostro corpo dovrebbe essere pieno di questo ki”.
Ed il ‘ki’ non è solo l’energia che scorre dentro di noi, ma anche quella che scorre in tutto l’universo. Quando noi riuniamo il nostro ‘ki’ con quel ‘ki’ dell’universo, si diventa forti come il mondo intero. Chang Tzu dice una cosa interessante del ‘ki’. Egli dice che quando il ‘ki’ è disturbato e sconvolto e si disperde, diminuisce anche all’interno del corpo. Letteralmente, egli dice ‘kinan tatsu’. Tatsu significa alzarsi, il contrario di sedersi. Così, lasciate che il ‘ki’ si sieda, e non lasciatelo disperdere al di fuori di voi stessi. Di conseguenza, fate Zazen.
Molto simile alla parola giapponese, Joriki, è il fenomeno parallelo che è noto col termine sanscrito Siddhi. Siddhi è tipicamente definito come “un magico potere spirituale per il controllo di sé, degli altri e delle forze della natura”. I Siddhi descritti da yogi e occultisti sono in realtà soprannaturali stati di percezione che sono disponibili a tutti gli esseri umani. La differenza di applicazione tra i due, è soprattutto una questione di gradazioni, e più un problema di definizione che non qualche altra cosa. Vale a dire che, per definizione, Joriki si manifesta attraverso la concentrazione della mente, allorché la concentrazione mentale è “stata fatta”. Siddhi, d’altra parte, è proprio ciò che è, e quindi allora è applicabile a seconda del “potere” e della volontà dell’individuo.
Se avete mai provato a focalizzare il sole su un punto preciso della pelle utilizzando una lente di vetro e avete sentito quanto velocemente e potente sia la sensazione di bruciore, essa è più simile a Joriki. Siddhi, invece è più come la forza delle onde dell’oceano. Si può essere in grado di resistere contro una lieve onda o due, ma anche enormi montagne alla fine sono ridotte in sabbia, o anche meno, a causa del loro potere.
Allora, anche se la potenza di Joriki può essere espansa all’infinito attraverso una regolare pratica, essa alla fine recede e svanisce se trascuriamo di fare Zazen. E se è vero che molti poteri straordinari derivano da Joriki, è pur vero che, tramite solo essa, noi non siamo in grado di tagliare le radici della nostra illusoria visione del mondo. La semplice forza di concentrazione non è sufficiente per i più alti tipi di Zen, e deve essere considerato un sentiero non diverso dallo Shikantaza (seduta meditativa). Deve esserci in concomitanza il Risveglio-Satori. In un documento poco noto tramandato da Shih-t’ou Hsi-ch’ien (Sekito Kisen, in giapponese), seguace del sesto Patriarca Hui-neng e fondatore di una delle primitive sètte Zen (Chan), c’è quanto segue: “nella nostra sètta è di primaria importanza solo la realizzazione della ‘natura-di-Buddha’, e non la semplice devozione o la forza di concentrazione“.
Il Buddismo insegna che un praticante, dopo aver raggiunto un certo grado di realizzazione, sviluppa la forza spirituale. Una persona che sia al livello di un Arhat si dice che sia in possesso di sei poteri soprannaturali. Anche così, resta inteso che è attraverso l’Illuminazione che i poteri soprannaturali si manifestano, piuttosto che quei poteri soprannaturali rafforzino l’Illuminazione. Inoltre, è riconosciuto che i poteri soprannaturali non sono raggiungibili esclusivamente solo dai Buddisti. E’ possibile per chiunque abbia profonda coltivazione religiosa e spirituale, sviluppare una sorta di poteri “super-normali”.
(Brevi Articoli di Dharma presentati da: Wanderling – Tradotto da Aliberth)
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