Intuizioni per la meditazione. “Non esistono né impurità, né purificazione, né divinità esterna a sé, né pratica, né rituale e non vi è nulla da raggiungere che sia separato da noi. La coscienza è la totalità, la totalità è la coscienza”. […] Improvvisamente non c’è più intercessore, non c’è più distanza, non c’è più separazione. Si tratta allora di liberare la coscienza dalle opacità che ci fanno credere di essere un’entità […] indegna.
Il risultato è un rilassamento totale del corpo e della mente […].
È la via laica per eccellenza. Vogliamo semplicemente l’indipendenza, l’armonia, il godere continuamente e profondamente del mondo […].
La nostra paura principale, la paura della dissoluzione, di non essere nulla, ci impedisce semplicemente di comprendere che quando pensiamo di essere una cosa in particolare, quindi isolati, non siamo che quella cosa e perdiamo tutto il resto. Accettando di non essere nulla, guadagniamo il mondo. Questo ragionamento logico è la chiave […] del ruolo creativo del desiderio e delle passioni, considerati i corrieri più veloci che, attraverso la sensorialità, ci conducono al Sé. […]
Il piacere è una componente fondamentale della pratica […], perché appena proviamo piacere nella presenza, abbiamo una tendenza naturale a ritornarvi. A questo punto non si tratta più di una pratica, ma di un modo di gustare più pienamente la vita e la sensorialità ed è la base di qualsiasi altra pratica. […]
Da dove ci viene l’intuizione di una possibile identità tra noi ed il mondo? Nessuno ce l’ha suggerita […]. Perché ci ostiniamo a pensare che questa unione sia possibile? Molto semplicemente perché ne abbiamo fatto l’esperienza diretta, intima e questa certezza è inalienabile. Abbiamo vissuto questa esperienza ben prima di essere condizionati.
Da neonati, durante le prime settimane di vita, non ci sentiamo separati né dalla madre né da ciò che ci circonda, siamo nell’unità indifferenziata. Questi momenti sono probabilmente i più sconcertanti e forti della nostra vita. Nessuna sensazione successiva riuscirà mai a far passare questa esperienza in secondo piano. È come incisa in noi, qualsiasi sia il cammino che seguiamo. Questa sensazione a volte riemerge inaspettatamente e ci ricorda per tutta la nostra vita che abbiamo la possibilità di comunicare nuovamente con lei.
Freud la chiamava «la sensazione oceanica»: «La sola presenza di questa sensazione oceanica ci autorizzerebbe a dichiararci religiosi, pur ripudiando tutte le credenze e le illusioni» (da Il disagio della civiltà e altri saggi).
Questa sensazione di unità […] sembra essere la nostra prima esperienza di esseri umani. […] È alla base dell’esperienza dell’essere […].
Quando l’ego si sviluppa, molto presto, ben prima della comparsa del linguaggio, con esso appare la sensazione di separazione, che l’impostazione della nostra cultura non fa che accelerare. Dobbiamo distinguerci, dobbiamo accogliere le sfide, mostrarci brillanti, intelligenti, efficaci e tutto questo non può accadere senza un’inflazione dell’ego. Allora, come mai una volta adempiute tutte queste funzioni con successo sentiamo ancora quella nostalgia dell’unità? Semplicemente perché è la nostra natura essenziale e non possiamo dimenticarla” (pp. 37-51).
(Tratto da “Desideri, passioni e spiritualità” di Daniel Odier, il più noto esponente vivente in Europa della via kashmira)
– Libri di Daniel Odier
– Fonte web del brano lameditazionecomevia.it
– http://www.meditare.it/forum/archivio/tantra_daniel_odier.htm
– http://www.danielodier.com